domenica 30 settembre 2012

Quel weekend in Canada



 Due macchine, dieci persone, 4 ore. Qualche bagaglio, una sosta per cena al MacDonald's. Un pò di pioggia, una stanchezza devastante. Della musica country alla radio. Chiacchiere sonnecchianti. Scene di panico al confine Canadese per un passaporto scivolato chissà dove. Patatine al gusto bacon, pipì in una diner tipica americana. Stropicciamento di occhi e sbadigli. Strada sbagliata e naso attaccato al finestrino non appena attraversato il ponte di Montréal.
Questa è la descrizione del nostro road trip verso il Canada.
Se penso a quanto ero fottutamente emozionata. Un pò Kerouac, un pò il giro del mondo in ottanta giorni. Un pò beat generation, un pò non-più-adolescente degli anni novanta.


Una highway tutta dritta, una macchina col cambio automatico, alberi, alberi e solo alberi che non ti fanno rimpiangere per nulla la pianura padana, nuvole pannose e tramonti mozzafiato. L'emozione del Road Trip è davvero indescrivibile. Ti senti grande, grossa, indipendente, viva, in un'avventura che racconterai con un sapore un pò bittersweet. Perchè non avrai più ventidue anni e i road trips saranno un dolce ricordo che brucia un pò.
Se penso all'adrenalina, a dieci persone che un mese prima nemmeno si conoscevano, che raggruppano praticamente tutto il mondo in due macchine, mi viene quasi da sorridere piangendo.
Siamo arrivati a Montréal col naso all'insù, persi nelle luci che si specchiavano nel fiume, ubriachi dall'ebbrezza di sentirci grandi.
Montréal è incredibile, è come se qualcuno avesse fatto un collage di particolari, prendendoli un pò a caso dagli Stati Uniti e dall'Europa. Lei si diverte a travestirsi da Parigi, con nomi con Notre Dame o Champ de Mars, gioca all'Europa. Tutti parlano francese, le insegne fanno sorridere e sembra di essere solamente oltralpe e non oltreoceano.

Giri l'angolo e passeggi nel quartiere latino. Alzi gli occhi e ti pare di scorgere i grattacieli di New York. Ci sono chiese gotiche ovunque, sanpietrini e negozi che ricordano molto le viette francesi. Bistrot all'aperto con solari ombrelloni gialli, nel bel mezzo delle vie pedonali. Si respira aria di Europa, di nostalgia, di passato che tende verso il futuro ma rimane saldamente aggrappato alle tradizioni. Una Francia esportata, letteralmente. Che nel trasloco ha perso qualche granello di Europa, rimpiazzato da grattacieli, uffici, grandi marciapiedi e strade trafficate. Ma i parchi, le insegne, i negozi, i cartelli, le ringhiere dei balconi, quelli sono genuinamente europei.








Guardare questi scatti tutti di fila mi fa davvero sorridere e sospirare. Quella città così viva, così Americana nel profondo ma così francese nelle radici. La penultima foto l'abbiamo scattata da un'isoletta nel mezzo del fiume, un pò come se fosse l'Ile Saint Louis nel mezzo della Senna. Eppure lo skyline ti ricorda vagamente Manhattan vista da Brooklyn. E' tutto un sovrapporsi di immagini e colori, di sapori e culture, tutto che sta perfettamente in equilibrio con l'atmosfera calorosa e vibrante.
Abbiamo mangiato in ristoranti, un Irish Pub ma siamo diventati praticamente clienti abituali del Mac dietro l'angolo. Vi dico solo che non voglio più vedere un cheeseburger per molto tempo.
Abbiamo sperimentato il club canadese, dove per metà della serata passa solo rap/house francese, per cui i canadesi vanno pazzi e si dimenano come indemoniati.Abbiamo anche sperimentato il dannato dollaro canadese, rischiando di rimanere senza soldi perchè le nostre carte di credito non andavano bene agli atm.

L'ultimo giorno siamo andati al Parc Olympique. Questa è la vista dalla torre costruita per le Olimpiadi.
E io soffro di vertigini. Vi dico solo questo.



Ho anche sperimentato per la prima volta in 22 anni l'ostello. E vi giuro che dopo quello posso sopravvivere a tutto. Scendo nei dettagli solo in privato, ma il bagno in comune uomini e donne è un'esperienza ai limiti del paranormale. Paranormal activity è una commedia rosa, al confronto.
Ma il bello di questo viaggio è stato anche questo.
Riscoprirmi. Innamorarmi della nuova me.
Vivere della mia forza che ho scoperto solo recentemente di avere.
Sorridermi.
Essere orgogliosa delle mie paranoie lasciate lungo il tragitto.
Smettere di trattarmi come una bambina.
Ammettere le mie debolezze e poi superarle con un bel dito medio.
Voltarmi finalmente indietro e guardare con apprensione a quella che ero, un pò come una mamma col proprio bambino che ha imparato a camminare.

E io, altrochè se cammino.


venerdì 14 settembre 2012

Nuove stanze

Egnente, chi l'avrebbe mai detto. Sono la contraddizione fatta a persona. Se penso che due o tre settimane prima di partire mi struggevo per accalappiarmi la stanza singola in appartamento mi vorrei sotterrare. Ero in appartamento, avevo la mia singola, il mio bagno. Eppure, tutti erano qui, nel dormitorio. E niente, un impulso irrefrenabile mi martellava nel cervello: vai, corri, spogliati delle tue paranoie, fregatene del bagno in comune, della stanza più piccola e doppia, fregatene di tutto, liberati di tutto quello che finora ti ha ristretto la mente e fatto attorcigliare lo stomaco, vai, impacchetta tutto e trasloca. Tempo due giorni ho avuto l'approvazione e (faticosamente) ho trascinato la mia roba all'Alumni Quad. La mia coinquilina coreana è adorabile, il mio lettino è adorabile, la mia finestrella è adorabile. Quando parlo con qualcuno e dico che mi sono trasferita qui la domanda è sempre quella "Why the hell did you move?!" ed è probabilmente quello che avrei chiesto io a me stessa meno di un mese fa. Ma adesso non mi manca davvero nulla. Whatsapp: "dinner? I am starving", apro la porta e sorrido. Tempo due scalini e incontro chiunque, chiacchiero, conosco, scruto, sorrido di nuovo. Mi sento viva e non sto facendo nulla di che per sentirmici. Semplicemente vivo e mi ritrovo benissimo nella mia pelle. Sono ogni giorno più stanca, faccio tremila cose nel tempo in cui di solito ne faccio due e mezzo perchè la terza la lascio a metà, ma ho sempre più voglia di fare, vedere e annusare. Per esempio ora mi sto addormentando sulla tastiera ma stasera si festeggia il mio trasloco. Vorrai mica non uscire?


Ps. Mi mancate tutti, ogni giorno. Mi manca casa nei suoi piccoli dettagli, ma continua ad essere un mancare sereno, felice, spensierato. In fondo, se mi viene un pò di malinconia mi ingozzo di brownies.

lunedì 10 settembre 2012

Smettila di mangiare.

Che qualcuno mi tolga di mano la mia SUNY card che non faccio altro che strisciare in tutte le dining halls per potermi cibare senza ritegno di qualsiasi cosa. Qui a destra c'è la prova che uno o due waffles al giorno tolgono il medico di torno. Lo tolgono perchè tempo due settimane andrò in coma diabetico e nessuno potrà salvarmi. E' che proprio non riesci a fermarti. Parti con l'idea di mangiare il riso in bianco con due fagiolini e un pò di frutta. Ti senti coraggiosa, piena di forza di volontà. Puoi farcela. Sei in fila per il riso e mentre aspetti ti piazzano davanti una pizza appena uscita dal forno. Vuoi non prenderne una fetta? L'hai anche pagata. Nel senso, hai un meal plan che ti permette di mangiare di tutto. Ok, solo questa. Ti risucchi il riso in bianco in un nanosecondo e sei più affamata di prima. Vaghi per la dining hall indecisa su cosa prendere, ti dai all'insalatina con due pomodori e del tonno. Sei felice, orgogliosa. Poi passi dal tavolo dei dolci. Pumpkin pie. Chocolate cookies. Blueberry pie e cupcakes. Nel caso non ti bastasse ti giri a destra e c'è il tavolo degli homemade waffles, te li fai tu in tre minuti netti e li inondi di morbido maple syrup.
Poi però mangi una fettina di ananas che brucia i grassi. Sembra una cazzata resistere, ma non lo è, ve lo giuro. Anche se non hai fame, ti viene. Il tuo stomaco ormai è abituato a mangiare il quadruplo di quello che mangi normalmente, e chiede la sua parte con prepotenza. La cosa invece stupenda è che ho un'amica fantastica (ciao Alice) che alla forma ci tiene davvero, non come me che faccio finta, e mi obbliga a correre intorno all'intero campus (5km ndr) e nel dubbio anche fare qualche minuto di addominali e cyclette in palestra nel giro di due ore. I am devastated.
Cosa volete che vi dica, tornerò in patria grassa ma felice.

Parlando di cose frivole invece, qui le settimane passano senza nemmeno disturbare, corrono veloci senza farsi notare. E siamo a tre. Ormai perdo il conto dei giorni, dei weekend, delle cose da fare. Sono sempre iperattiva, faccio sempre una miriade di cose (a casa ci sono delle giornate in cui sto in camera mia tutto il giorno in pigiama e forse mi alzo per mangiare), mi muovo, cammino, prendo mille autobus, esploro, guardo, annuso.Più di tutto mi godo il cielo che qui è stupendo anche quando piove. Ogni nuvola ha un colore diverso.
Adoro stare qui, in questo campus che sa un pò di piccola città, un pò di casa, ma al contempo tutto è nuovo e così diverso da casa. E' semplicemente una cultura tutta diversa. Impari che le persone possono vedere il mondo in un modo completamente diverso, ma soprattutto impari a rispettarlo. E ti senti davvero in pace con tutto, una volta capito che il tuo punto di vista non è l'unico e tantomeno quello universalmente corretto.


Qui è mezzanotte di una domenica sera un pò freddina, avrei almeno un altro milione di cose da scrivere ma mi limiterò a deliziarvi con ulteriori punti della mia lista:

21. Le persone qui amano gli sbalzi di temperatura. Fuori duecento gradi, dentro meno dieci. E sono temprati da questa meravigliosa aria condizionata. Dove meravigliosa è ironico. Risperimenterò la polmonite, ne sono quasi certa.
22. I professori hanno borracce di coca cola o caffè a lezione. E sono in infradito.
23. I professori americani amano l'Italia. Una mi ha salutata con un sonoro CIAO.
24. Nonostante noi italiani facciamo cagare quando parliamo inglese e il nostro accento è penoso, gli americani lo amano.
25. Se non hai una casa con il portico qui non sei nessuno.
26. La gente corre senza maglietta anche sotto la pioggia. Il maschio americano DOC ama mostrare il suo corpicciolo al mondo, e lo fa con orgoglio.
27. I giocatori di football sono proprio come ve li immaginate. Grossi e tendenzialmente bamboccioni. Ma anche loro indossano i calzini a mezzo polpaccio con le ciabatte da spiaggia.
28. Anche le ragazze amano sfoggiare il proprio corpo, che sia longilineo o a camino. Ho visto cose che voi non potete nemmeno immaginare.
29. Trovare il mascarpone è più difficile che comprare una pistola.
30. In mensa il venerdì sera c'è il sushi. Ups. Scusate sto di nuovo pensando al cibo.

martedì 4 settembre 2012

Like a TV Show

 Superato brillantemente il giro di boa delle due settimane. In realtà mi sembra di non aver fatto altro nella vita che aspettare pullman gremiti di gente per andare a downtown, cercare taxi per tornare a casa, andare a lezione in infradito, bere birra nei pub e ingozzarmi di brownies. Beh, l'ultima mi riesce particolarmente bene.
Comunque, dicevo, qui tutto procede molto alla maniera take it easy. Mi sembra veramente di vedere tutto familiare, forse perchè fin da piccola mi sono fagocitata puntate e puntate di telefilm americani e qui tutto sembta un set di Una mamma per amica. Ogni tanto vorrei fermarmi a toccare una casa o un cartello per vedere se sono veri. Poi vi chiedete perchè sono strana.
E' da giorni che provo a mettere insieme tre o quattro pensieri da scrivere sul blog, per potervi trasmettere tutto quello che sento io ogni giorno che passo qui, ma mi rendo conto che le parole mi mancano. (Dite che oltre a non riuscire a parlare inglese come vorrei sto sviluppando una dislessia in italiano?)

Mi manca il modo per dire come di sera mi addormento senza pensieri, se non la serenità. La serenità di sapere che chi amo sta bene, è casa, sorride pensandomi e mi ama da lontano. Mi ama cosi forte che lo sento da qui, in ogni minuto. Mi mancano le parole per dire come al mattino di qualsiasi umore sia mi basta una doccia, due chiacchiere con qualcuno e mettere il muso fuori di casa per respirare serenità.
Come ben sapete non sono mai stata una persona serena. Questo blog si chiama Irrequieta, ci sarà un motivo. Ora lo sono. E' spaventoso ed eccitante nello stesso momento. Respiro aria americana, mi perdo nel cielo enorme, trovo disegni nelle nuvole, sospiro ad ogni tramonto diverso. Siamo nel mezzo del nulla eppure tutte le sere i tramonti sono mozzafiato. Mi perdo nelle voci, nei colori, nelle musiche, negli odori. Tutto sembra fatto apposta per me. Tutto sembra racchiudermi alla perfezione.

Casa mi manca ogni momento, costantemente, ma è una mancanza positiva, energica, vitale. E' una consapevolezza di ritrovarla una volta tornata, un cuore che pulsa da lontano e mi manda un sacco di energia. Percepisco i sorrisi anche da qui, ora, dalla mia scrivania, mentre voi lì tutti dormite. Percepisco il calore.

Mi mancano le parole anche per raccontare la smania di fare, l'eccitazione di partecipare, la voglia di vivere che mi prende ogni mattina, ogni volta che penso a qualcosa. Mi sento energica, sto bene fisicamente, mentalmente, i miei mal di pancia, ansie, sudori freddi, mal di stomaco, mal di testa, spariti. Lasciati al check in dell'aereoporto, buttati nella spazzatura con la roba vecchia. Mi mancano le parole per descrivere come quest'America sa di America, con le sue meraviglie e le sue contraddizioni. La sua curiosità verso il mondo, il loro essere amichevoli e vivaci, e al contempo la loro chiusura a tutto ciò che è sconosciuto. E' affascinante immedesimarsi, entrare nelle viscere di un popolo, di una cultura, aprire la mente, cambiare punto di vista, smettere di sentirsi nel giusto con un'opinione dominante e mettersi da parte, guardare gli altri, scoprire che la vita è vissuta e vista con gli occhi di tutti e non solo dai tuoi.

Ma, e dico ma,  non mi mancano le parole per raccontarvi il football game che siamo andate a vedere sabato. Quello universitario. Allora, vi ricordate Clark che iniziava a giocare come quarterback in Smallville? Chiudete gli occhi. Ecco, era così. Solo che le maglie erano viola e i caschi gialli. Immaginatevi 109 e ve lo scrivo anche in lettere CENTONOVE giocatori di football fasciati da pantaloncini di lycra e supermuscolati a bordo campo. Anzi, 218 perchè le squadre sono due. Immaginatevi una trentina di cheerleaders con ponpons di brillantini e fiocco giallo in testa, immaginatevi un'orda di genitori eccitati con tatuaggi in faccia della squadra (giuro, finti) che urlano per il proprio pargolo che corre verso un touch down.Immaginatevi un odore di barbecue, una limonata formato gigante e un cheeseburger, immaginatevi un'atmosfera di festa e un'eccitazione vibrante tutt'intorno. La vita qui è così: intensa ma serena. Vedi persone ubriacarsi come se non ci fosse un domani durante il weekend ma completamente dedite allo studio in settimana, a studiare fino a mezzanotte in biblioteca. E' un altro modo di intendere la vita, spesso difficile da capire, spesso suscita un sorriso, ma così bello proprio perchè diverso e affascinante.


Quel weekend in Canada



 Due macchine, dieci persone, 4 ore. Qualche bagaglio, una sosta per cena al MacDonald's. Un pò di pioggia, una stanchezza devastante. Della musica country alla radio. Chiacchiere sonnecchianti. Scene di panico al confine Canadese per un passaporto scivolato chissà dove. Patatine al gusto bacon, pipì in una diner tipica americana. Stropicciamento di occhi e sbadigli. Strada sbagliata e naso attaccato al finestrino non appena attraversato il ponte di Montréal.
Questa è la descrizione del nostro road trip verso il Canada.
Se penso a quanto ero fottutamente emozionata. Un pò Kerouac, un pò il giro del mondo in ottanta giorni. Un pò beat generation, un pò non-più-adolescente degli anni novanta.


Una highway tutta dritta, una macchina col cambio automatico, alberi, alberi e solo alberi che non ti fanno rimpiangere per nulla la pianura padana, nuvole pannose e tramonti mozzafiato. L'emozione del Road Trip è davvero indescrivibile. Ti senti grande, grossa, indipendente, viva, in un'avventura che racconterai con un sapore un pò bittersweet. Perchè non avrai più ventidue anni e i road trips saranno un dolce ricordo che brucia un pò.
Se penso all'adrenalina, a dieci persone che un mese prima nemmeno si conoscevano, che raggruppano praticamente tutto il mondo in due macchine, mi viene quasi da sorridere piangendo.
Siamo arrivati a Montréal col naso all'insù, persi nelle luci che si specchiavano nel fiume, ubriachi dall'ebbrezza di sentirci grandi.
Montréal è incredibile, è come se qualcuno avesse fatto un collage di particolari, prendendoli un pò a caso dagli Stati Uniti e dall'Europa. Lei si diverte a travestirsi da Parigi, con nomi con Notre Dame o Champ de Mars, gioca all'Europa. Tutti parlano francese, le insegne fanno sorridere e sembra di essere solamente oltralpe e non oltreoceano.

Giri l'angolo e passeggi nel quartiere latino. Alzi gli occhi e ti pare di scorgere i grattacieli di New York. Ci sono chiese gotiche ovunque, sanpietrini e negozi che ricordano molto le viette francesi. Bistrot all'aperto con solari ombrelloni gialli, nel bel mezzo delle vie pedonali. Si respira aria di Europa, di nostalgia, di passato che tende verso il futuro ma rimane saldamente aggrappato alle tradizioni. Una Francia esportata, letteralmente. Che nel trasloco ha perso qualche granello di Europa, rimpiazzato da grattacieli, uffici, grandi marciapiedi e strade trafficate. Ma i parchi, le insegne, i negozi, i cartelli, le ringhiere dei balconi, quelli sono genuinamente europei.








Guardare questi scatti tutti di fila mi fa davvero sorridere e sospirare. Quella città così viva, così Americana nel profondo ma così francese nelle radici. La penultima foto l'abbiamo scattata da un'isoletta nel mezzo del fiume, un pò come se fosse l'Ile Saint Louis nel mezzo della Senna. Eppure lo skyline ti ricorda vagamente Manhattan vista da Brooklyn. E' tutto un sovrapporsi di immagini e colori, di sapori e culture, tutto che sta perfettamente in equilibrio con l'atmosfera calorosa e vibrante.
Abbiamo mangiato in ristoranti, un Irish Pub ma siamo diventati praticamente clienti abituali del Mac dietro l'angolo. Vi dico solo che non voglio più vedere un cheeseburger per molto tempo.
Abbiamo sperimentato il club canadese, dove per metà della serata passa solo rap/house francese, per cui i canadesi vanno pazzi e si dimenano come indemoniati.Abbiamo anche sperimentato il dannato dollaro canadese, rischiando di rimanere senza soldi perchè le nostre carte di credito non andavano bene agli atm.

L'ultimo giorno siamo andati al Parc Olympique. Questa è la vista dalla torre costruita per le Olimpiadi.
E io soffro di vertigini. Vi dico solo questo.



Ho anche sperimentato per la prima volta in 22 anni l'ostello. E vi giuro che dopo quello posso sopravvivere a tutto. Scendo nei dettagli solo in privato, ma il bagno in comune uomini e donne è un'esperienza ai limiti del paranormale. Paranormal activity è una commedia rosa, al confronto.
Ma il bello di questo viaggio è stato anche questo.
Riscoprirmi. Innamorarmi della nuova me.
Vivere della mia forza che ho scoperto solo recentemente di avere.
Sorridermi.
Essere orgogliosa delle mie paranoie lasciate lungo il tragitto.
Smettere di trattarmi come una bambina.
Ammettere le mie debolezze e poi superarle con un bel dito medio.
Voltarmi finalmente indietro e guardare con apprensione a quella che ero, un pò come una mamma col proprio bambino che ha imparato a camminare.

E io, altrochè se cammino.


Nuove stanze

Egnente, chi l'avrebbe mai detto. Sono la contraddizione fatta a persona. Se penso che due o tre settimane prima di partire mi struggevo per accalappiarmi la stanza singola in appartamento mi vorrei sotterrare. Ero in appartamento, avevo la mia singola, il mio bagno. Eppure, tutti erano qui, nel dormitorio. E niente, un impulso irrefrenabile mi martellava nel cervello: vai, corri, spogliati delle tue paranoie, fregatene del bagno in comune, della stanza più piccola e doppia, fregatene di tutto, liberati di tutto quello che finora ti ha ristretto la mente e fatto attorcigliare lo stomaco, vai, impacchetta tutto e trasloca. Tempo due giorni ho avuto l'approvazione e (faticosamente) ho trascinato la mia roba all'Alumni Quad. La mia coinquilina coreana è adorabile, il mio lettino è adorabile, la mia finestrella è adorabile. Quando parlo con qualcuno e dico che mi sono trasferita qui la domanda è sempre quella "Why the hell did you move?!" ed è probabilmente quello che avrei chiesto io a me stessa meno di un mese fa. Ma adesso non mi manca davvero nulla. Whatsapp: "dinner? I am starving", apro la porta e sorrido. Tempo due scalini e incontro chiunque, chiacchiero, conosco, scruto, sorrido di nuovo. Mi sento viva e non sto facendo nulla di che per sentirmici. Semplicemente vivo e mi ritrovo benissimo nella mia pelle. Sono ogni giorno più stanca, faccio tremila cose nel tempo in cui di solito ne faccio due e mezzo perchè la terza la lascio a metà, ma ho sempre più voglia di fare, vedere e annusare. Per esempio ora mi sto addormentando sulla tastiera ma stasera si festeggia il mio trasloco. Vorrai mica non uscire?


Ps. Mi mancate tutti, ogni giorno. Mi manca casa nei suoi piccoli dettagli, ma continua ad essere un mancare sereno, felice, spensierato. In fondo, se mi viene un pò di malinconia mi ingozzo di brownies.

Smettila di mangiare.

Che qualcuno mi tolga di mano la mia SUNY card che non faccio altro che strisciare in tutte le dining halls per potermi cibare senza ritegno di qualsiasi cosa. Qui a destra c'è la prova che uno o due waffles al giorno tolgono il medico di torno. Lo tolgono perchè tempo due settimane andrò in coma diabetico e nessuno potrà salvarmi. E' che proprio non riesci a fermarti. Parti con l'idea di mangiare il riso in bianco con due fagiolini e un pò di frutta. Ti senti coraggiosa, piena di forza di volontà. Puoi farcela. Sei in fila per il riso e mentre aspetti ti piazzano davanti una pizza appena uscita dal forno. Vuoi non prenderne una fetta? L'hai anche pagata. Nel senso, hai un meal plan che ti permette di mangiare di tutto. Ok, solo questa. Ti risucchi il riso in bianco in un nanosecondo e sei più affamata di prima. Vaghi per la dining hall indecisa su cosa prendere, ti dai all'insalatina con due pomodori e del tonno. Sei felice, orgogliosa. Poi passi dal tavolo dei dolci. Pumpkin pie. Chocolate cookies. Blueberry pie e cupcakes. Nel caso non ti bastasse ti giri a destra e c'è il tavolo degli homemade waffles, te li fai tu in tre minuti netti e li inondi di morbido maple syrup.
Poi però mangi una fettina di ananas che brucia i grassi. Sembra una cazzata resistere, ma non lo è, ve lo giuro. Anche se non hai fame, ti viene. Il tuo stomaco ormai è abituato a mangiare il quadruplo di quello che mangi normalmente, e chiede la sua parte con prepotenza. La cosa invece stupenda è che ho un'amica fantastica (ciao Alice) che alla forma ci tiene davvero, non come me che faccio finta, e mi obbliga a correre intorno all'intero campus (5km ndr) e nel dubbio anche fare qualche minuto di addominali e cyclette in palestra nel giro di due ore. I am devastated.
Cosa volete che vi dica, tornerò in patria grassa ma felice.

Parlando di cose frivole invece, qui le settimane passano senza nemmeno disturbare, corrono veloci senza farsi notare. E siamo a tre. Ormai perdo il conto dei giorni, dei weekend, delle cose da fare. Sono sempre iperattiva, faccio sempre una miriade di cose (a casa ci sono delle giornate in cui sto in camera mia tutto il giorno in pigiama e forse mi alzo per mangiare), mi muovo, cammino, prendo mille autobus, esploro, guardo, annuso.Più di tutto mi godo il cielo che qui è stupendo anche quando piove. Ogni nuvola ha un colore diverso.
Adoro stare qui, in questo campus che sa un pò di piccola città, un pò di casa, ma al contempo tutto è nuovo e così diverso da casa. E' semplicemente una cultura tutta diversa. Impari che le persone possono vedere il mondo in un modo completamente diverso, ma soprattutto impari a rispettarlo. E ti senti davvero in pace con tutto, una volta capito che il tuo punto di vista non è l'unico e tantomeno quello universalmente corretto.


Qui è mezzanotte di una domenica sera un pò freddina, avrei almeno un altro milione di cose da scrivere ma mi limiterò a deliziarvi con ulteriori punti della mia lista:

21. Le persone qui amano gli sbalzi di temperatura. Fuori duecento gradi, dentro meno dieci. E sono temprati da questa meravigliosa aria condizionata. Dove meravigliosa è ironico. Risperimenterò la polmonite, ne sono quasi certa.
22. I professori hanno borracce di coca cola o caffè a lezione. E sono in infradito.
23. I professori americani amano l'Italia. Una mi ha salutata con un sonoro CIAO.
24. Nonostante noi italiani facciamo cagare quando parliamo inglese e il nostro accento è penoso, gli americani lo amano.
25. Se non hai una casa con il portico qui non sei nessuno.
26. La gente corre senza maglietta anche sotto la pioggia. Il maschio americano DOC ama mostrare il suo corpicciolo al mondo, e lo fa con orgoglio.
27. I giocatori di football sono proprio come ve li immaginate. Grossi e tendenzialmente bamboccioni. Ma anche loro indossano i calzini a mezzo polpaccio con le ciabatte da spiaggia.
28. Anche le ragazze amano sfoggiare il proprio corpo, che sia longilineo o a camino. Ho visto cose che voi non potete nemmeno immaginare.
29. Trovare il mascarpone è più difficile che comprare una pistola.
30. In mensa il venerdì sera c'è il sushi. Ups. Scusate sto di nuovo pensando al cibo.

Like a TV Show

 Superato brillantemente il giro di boa delle due settimane. In realtà mi sembra di non aver fatto altro nella vita che aspettare pullman gremiti di gente per andare a downtown, cercare taxi per tornare a casa, andare a lezione in infradito, bere birra nei pub e ingozzarmi di brownies. Beh, l'ultima mi riesce particolarmente bene.
Comunque, dicevo, qui tutto procede molto alla maniera take it easy. Mi sembra veramente di vedere tutto familiare, forse perchè fin da piccola mi sono fagocitata puntate e puntate di telefilm americani e qui tutto sembta un set di Una mamma per amica. Ogni tanto vorrei fermarmi a toccare una casa o un cartello per vedere se sono veri. Poi vi chiedete perchè sono strana.
E' da giorni che provo a mettere insieme tre o quattro pensieri da scrivere sul blog, per potervi trasmettere tutto quello che sento io ogni giorno che passo qui, ma mi rendo conto che le parole mi mancano. (Dite che oltre a non riuscire a parlare inglese come vorrei sto sviluppando una dislessia in italiano?)

Mi manca il modo per dire come di sera mi addormento senza pensieri, se non la serenità. La serenità di sapere che chi amo sta bene, è casa, sorride pensandomi e mi ama da lontano. Mi ama cosi forte che lo sento da qui, in ogni minuto. Mi mancano le parole per dire come al mattino di qualsiasi umore sia mi basta una doccia, due chiacchiere con qualcuno e mettere il muso fuori di casa per respirare serenità.
Come ben sapete non sono mai stata una persona serena. Questo blog si chiama Irrequieta, ci sarà un motivo. Ora lo sono. E' spaventoso ed eccitante nello stesso momento. Respiro aria americana, mi perdo nel cielo enorme, trovo disegni nelle nuvole, sospiro ad ogni tramonto diverso. Siamo nel mezzo del nulla eppure tutte le sere i tramonti sono mozzafiato. Mi perdo nelle voci, nei colori, nelle musiche, negli odori. Tutto sembra fatto apposta per me. Tutto sembra racchiudermi alla perfezione.

Casa mi manca ogni momento, costantemente, ma è una mancanza positiva, energica, vitale. E' una consapevolezza di ritrovarla una volta tornata, un cuore che pulsa da lontano e mi manda un sacco di energia. Percepisco i sorrisi anche da qui, ora, dalla mia scrivania, mentre voi lì tutti dormite. Percepisco il calore.

Mi mancano le parole anche per raccontare la smania di fare, l'eccitazione di partecipare, la voglia di vivere che mi prende ogni mattina, ogni volta che penso a qualcosa. Mi sento energica, sto bene fisicamente, mentalmente, i miei mal di pancia, ansie, sudori freddi, mal di stomaco, mal di testa, spariti. Lasciati al check in dell'aereoporto, buttati nella spazzatura con la roba vecchia. Mi mancano le parole per descrivere come quest'America sa di America, con le sue meraviglie e le sue contraddizioni. La sua curiosità verso il mondo, il loro essere amichevoli e vivaci, e al contempo la loro chiusura a tutto ciò che è sconosciuto. E' affascinante immedesimarsi, entrare nelle viscere di un popolo, di una cultura, aprire la mente, cambiare punto di vista, smettere di sentirsi nel giusto con un'opinione dominante e mettersi da parte, guardare gli altri, scoprire che la vita è vissuta e vista con gli occhi di tutti e non solo dai tuoi.

Ma, e dico ma,  non mi mancano le parole per raccontarvi il football game che siamo andate a vedere sabato. Quello universitario. Allora, vi ricordate Clark che iniziava a giocare come quarterback in Smallville? Chiudete gli occhi. Ecco, era così. Solo che le maglie erano viola e i caschi gialli. Immaginatevi 109 e ve lo scrivo anche in lettere CENTONOVE giocatori di football fasciati da pantaloncini di lycra e supermuscolati a bordo campo. Anzi, 218 perchè le squadre sono due. Immaginatevi una trentina di cheerleaders con ponpons di brillantini e fiocco giallo in testa, immaginatevi un'orda di genitori eccitati con tatuaggi in faccia della squadra (giuro, finti) che urlano per il proprio pargolo che corre verso un touch down.Immaginatevi un odore di barbecue, una limonata formato gigante e un cheeseburger, immaginatevi un'atmosfera di festa e un'eccitazione vibrante tutt'intorno. La vita qui è così: intensa ma serena. Vedi persone ubriacarsi come se non ci fosse un domani durante il weekend ma completamente dedite allo studio in settimana, a studiare fino a mezzanotte in biblioteca. E' un altro modo di intendere la vita, spesso difficile da capire, spesso suscita un sorriso, ma così bello proprio perchè diverso e affascinante.