giovedì 15 dicembre 2011

In questo viaggio chiamato TRENO..

Quante ore passa un essere umano con il fondoschiena appoggiato ad una lurida poltroncina di un intercity nell'arco di una vita?
Mah, non lo calcolerò mai per pigrizia e soprattutto per evitarmi un colpo al cuore. O uno scatto d'ira.
Comunque oggi, nel mio intercity delle 15.05, con cuffie nelle orecchie, ragazza bionda dell'est con profondi occhi azzurri di fronte e gli altri sei sedili occupati da una famiglia abbronzata e lampadata, pensavo a quante vite incrociamo in treno.
Livello di banalità del pensiero: 10.
Fatto sta, che tanti incontri in treno non dico che cambiano la vita, ma magari cambiano la giornata, toh.
O almeno l'ora successiva.
In meglio oppure in peggio, è vero. Tanto, tanto tanto peggio, a volte.
Ma devo dire che - fortunatamente - tante volte alcuni incontri mi hanno migliorato l'umore.
Anche per poco, sì.
Ma quel sorrisetto mentale mentre guardo fuori dal finestrino che tante cose mi hanno procurato ancora me lo ricordo.
Oggi per esempio avevo questa famiglia che occupava quattro posti di scompartimento.
Mi guardo intorno.
Scruto.
Curiosa.
Curiosa di entrare in un microscopico pezzo di vita altrui.
Molesta come sono, ogni tanto ascolto i discorsi.
Non capisco dove devono andare, scendono a Genova e poi proseguono in macchina.
Sono una famiglia alquanto anomala.
Genitori (?) decisamente lampadati, bimbo di una decina d'anni e fratello che ne avrà avuti  al massimo 18.
Chiacchierano, mangiano.
Parlano di imparare il portoghese, il figlio piccolo mi offre una caramella.
Io trasalisco dalle cuffie ma sorrido, un sorriso vero, di gratitudine.
Faccio di no con la testa, rigraziando.
Lui mi dice "Ma è buona, eh!"
Io annuisco e dico che lo so.
Primo sorriso della giornata andato.
Il fratello più grande mi mette la valigia sulla grata, il padre mi chiede di che modello è il mio telefono, se è uguale al suo.
Frammenti sconnessi di conversazioni, che mi fanno sentire più umana.
Non solo un'ombra muta che osserva il sole che tramonta fuori dal finestrino.
A Genova scendono. Mi salutano.
Io auguro buon viaggio e il fratello grande mi dice: "Anche a lei."
Sorrido di nuovo, non posso farne a meno.
Ma induco così timore da darmi del lei?
Perchè fisicamente potrei anche dimostrare 16 anni scarsi.
Ho giusto il tempo di sgranchirmi la schiena che un'altra marea di gente risale.
Di fronte a me si siede un uomo di mezza età che in mezzo francese e in mezzo inglese mi chiede se il treno va a Ventimiglia.
Deve andare a Nizza, da sua moglie.
Io azzardo un "Vous etez français?" e lui sorride.
Mi dice che non è francese, ma vive in Francia.
Un gruppo di quattro ragazzi che parla una lingua che non riesco a riconoscere occupa il posto della famiglia.
Quando arriva il momento di scendere, mi tirano giù la valigia, si alzano per farmi passare.
E allora lì capisco.
Capisco che tante cose possono cambiarti la giornata.
Un gesto gentile da uno sconosciuto è decisamente uno di questi.
Gesti che vanno oltre le lingue, le parole, il gesticolare.
Che vanno oltre l'età e la destinazione del viaggio.
E' qualcosa che ti scalda dentro, qualcosa di umano che si insinua.
E' fare parte di qualcosa.
Anche se è la vita di uno sconosciuto e che probabilmente non vedrai mai più.
Ma con cui hai condiviso, anche se in silenzio, anche con un gesto, una parte del tuo enorme viaggio.

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In questo viaggio chiamato TRENO..

Quante ore passa un essere umano con il fondoschiena appoggiato ad una lurida poltroncina di un intercity nell'arco di una vita?
Mah, non lo calcolerò mai per pigrizia e soprattutto per evitarmi un colpo al cuore. O uno scatto d'ira.
Comunque oggi, nel mio intercity delle 15.05, con cuffie nelle orecchie, ragazza bionda dell'est con profondi occhi azzurri di fronte e gli altri sei sedili occupati da una famiglia abbronzata e lampadata, pensavo a quante vite incrociamo in treno.
Livello di banalità del pensiero: 10.
Fatto sta, che tanti incontri in treno non dico che cambiano la vita, ma magari cambiano la giornata, toh.
O almeno l'ora successiva.
In meglio oppure in peggio, è vero. Tanto, tanto tanto peggio, a volte.
Ma devo dire che - fortunatamente - tante volte alcuni incontri mi hanno migliorato l'umore.
Anche per poco, sì.
Ma quel sorrisetto mentale mentre guardo fuori dal finestrino che tante cose mi hanno procurato ancora me lo ricordo.
Oggi per esempio avevo questa famiglia che occupava quattro posti di scompartimento.
Mi guardo intorno.
Scruto.
Curiosa.
Curiosa di entrare in un microscopico pezzo di vita altrui.
Molesta come sono, ogni tanto ascolto i discorsi.
Non capisco dove devono andare, scendono a Genova e poi proseguono in macchina.
Sono una famiglia alquanto anomala.
Genitori (?) decisamente lampadati, bimbo di una decina d'anni e fratello che ne avrà avuti  al massimo 18.
Chiacchierano, mangiano.
Parlano di imparare il portoghese, il figlio piccolo mi offre una caramella.
Io trasalisco dalle cuffie ma sorrido, un sorriso vero, di gratitudine.
Faccio di no con la testa, rigraziando.
Lui mi dice "Ma è buona, eh!"
Io annuisco e dico che lo so.
Primo sorriso della giornata andato.
Il fratello più grande mi mette la valigia sulla grata, il padre mi chiede di che modello è il mio telefono, se è uguale al suo.
Frammenti sconnessi di conversazioni, che mi fanno sentire più umana.
Non solo un'ombra muta che osserva il sole che tramonta fuori dal finestrino.
A Genova scendono. Mi salutano.
Io auguro buon viaggio e il fratello grande mi dice: "Anche a lei."
Sorrido di nuovo, non posso farne a meno.
Ma induco così timore da darmi del lei?
Perchè fisicamente potrei anche dimostrare 16 anni scarsi.
Ho giusto il tempo di sgranchirmi la schiena che un'altra marea di gente risale.
Di fronte a me si siede un uomo di mezza età che in mezzo francese e in mezzo inglese mi chiede se il treno va a Ventimiglia.
Deve andare a Nizza, da sua moglie.
Io azzardo un "Vous etez français?" e lui sorride.
Mi dice che non è francese, ma vive in Francia.
Un gruppo di quattro ragazzi che parla una lingua che non riesco a riconoscere occupa il posto della famiglia.
Quando arriva il momento di scendere, mi tirano giù la valigia, si alzano per farmi passare.
E allora lì capisco.
Capisco che tante cose possono cambiarti la giornata.
Un gesto gentile da uno sconosciuto è decisamente uno di questi.
Gesti che vanno oltre le lingue, le parole, il gesticolare.
Che vanno oltre l'età e la destinazione del viaggio.
E' qualcosa che ti scalda dentro, qualcosa di umano che si insinua.
E' fare parte di qualcosa.
Anche se è la vita di uno sconosciuto e che probabilmente non vedrai mai più.
Ma con cui hai condiviso, anche se in silenzio, anche con un gesto, una parte del tuo enorme viaggio.

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