mercoledì 31 ottobre 2012

Quella volta che ho aspettato (invano) un uragano.

Comprare una cassa da 24 bottigliette d'acqua (e trascinarsele fino a casa a piedi con un'amica) e scorte di cibo di prima necessità (quali patatine, noodles da scaldare in microonde, oreo, cookies, crackers e banane) in previsione di un uragano: check.
Esperienza che in effetti non potevo perdermi.
Guarda te che culo.
Io e Marina (brasiliana, ndr), non avendo mai visto un uragano nella nostra vita, siamo andate a fare scorta di beni primari. Ci mancava solo la botola che portava al seminterrato e poi eravamo a posto.
Eccitate da una parte e spaventate nell'osso dall'altra.
Si sa che gli americani tendono a essere un pochino allarmisti, ma stavolta c'avevano anche un pochetto di ragione.
Cioè, ovviamente non qui.
Cartelli ovunque con istruzioni come: tieni a portata di mano un cuscino e una coperta, se parte la corrente evacua. Evacuo cosa? Dove vado sotto la pioggia al buio? Non ci era dato saperlo.
Altro consiglio: se esplode la finestra evacua. Cioè nel senso che può esplodere sul serio?
Togli la roba di valore dal pavimento. E sia.
Fatto sta che ieri pomeriggio eravamo in pieno mood pre-uragano: chiuse in una camera con degli oreo a guardare delle serie per poi addormentarci tutte insieme stile tetris. Una scorpacciata di cibo e poi altri oreo e patatine accompagnati da manicure e pedicure.
Quello che ci è arrivato di Sandy è stato uno sputacchio, alla fine.
Un bel pò di pioggia e vento, ma roba che a Savona quando c'è la mareggiata mi spavento di più.
Oggi sì, sono andata a Zumba e c'era un vento che mi portava via.
Anzi no, con il mio peso specifico non mi avrebbe mai portata via, ma avete capito.
Ma perchè non riesco a produrre un post che mi soddisfi e finisco per parlare della mia ciccia in esubero?

Comunque.
Qui di seguito vi allego le prove che il tempo non era bellerrimo.
In ordine, ieri e oggi.



E niente, come ogni tragedia che si rispetti vi ringrazio per avermi chiesto come stavo e se sarei sopravvissuta all'uragano, vi amo tutti. Grazie madre e padre che vi preoccupate per me e prima o poi un ictus vi porterà via perchè finirete nel panico e chiamerete Obama in persona.
Io poi ovviamente sono cretina e faccio la scema, ma ho seguito (per ovvie ragioni) quarantamila telegiornali, tutti i siti live della CNN e della ABC con le news e devo ammettere che le foto e i video di New York allagata e mezza al buio mi hanno sconvolta. Sarà perchè qualcosa come un mesetto fa ero lì, in quelle strade, a fare foto e a sentirmi al centro del mondo.
Ora, sappiamo che Sandy ha colpito almeno sei o sette stati, inondato completamente Atlantic City, devastato il New Jersey, ma New York ci fa più impressione.
Perchè lei è sempre stata lì, imponente, potente, elegante.
Luminosa, il faro della East Coast ma anche di tutti gli States, la città che ha saputo riprendersi dall 9/11 e ha ricostruito una torre ancora più alta, dal rinomato orgoglio americano.
Lei è sempre stata il centro del mondo.
La città che tutti sognano.
Perchè tutti in fondo la sognano.
La città che tutti vogliono vivere come nei film. Perchè lei stessa è attrice protagonista.
Lei detta le mode, i tempi, gli spazi.
Grande e grossa.
Messa in ginocchio da qualcosa che non avrebbe mai potuto combattere.
Ma solo subire, o tentare di prevenire.
Con la testa bassa, ora si lecca le ferite.
Diamine, le immagini della CNN sembravano quelle dell'inizio di The Day After Tomorrow.
Nonostante i mille allarmi almeno una ventina di persone sono morte, a Manhattan e in tutti gli stati colpiti.
L'America ancora una volta conta le sue vittime, e New York spicca tra tutte le città piegate da Sandy.





mercoledì 24 ottobre 2012

Quei due mesi da qualche parte del nord degli U.S.

Due mesi sono passati.
Più di sessanta giorni.



Sessanta.
Vi dirò, ormai ho preso un tran tran dormitorio-bus-college-mall-walmart-WTs (Washington Tavern, il ritrovo delle nostre sbronze finesettimanali)- dormitorio.
Non vado quasi mai a downtown, forse perchè per una volta che mi sono inoltrata qualche isolato (isolato..inizio proprio ad americanizzarmi) per andare in farmacia ho temuto davvero per la mia esistenza. Quartoggiaro è Via Montenapoleone in confronto, ve lo giuro.
I dettagli come al solito in privato.

Anyway.
Dicevo.
Ogni tanto mi scordo quasi di essere in America, tutto inizia ad avere quella forma e quei colori che associ a qualcosa di familiare, conosciuto, sicuro.
La fermata dell'autobus sotto "casa", la library, il pub a un isolato, il "pizza place" dove andiamo ogni volta a sbranare una fetta di margherita a due dollari alle quattro di notte.
La dining hall.
I bagni.
Persino i bagni.
Vi dirò, l'altro giorno ero in università e insomma sì, ci dovevo andare.
E volevo farla a casa.
Contando che il bagno in università è identico a quello di casa, dato che lo condividiamo, il pensiero ha di per sè poco senso.
Ma quel bagnetto insulso ormai è un pò casa.
Si, ridete pure.
Sto pensando di cancellare le ultime sei o sette righe ma se le ho scritte evidentemente sento il bisogno di condividerle con voi.
Pensieri profondi di un martedì sera qualunque.


Ah. Vi presento Furbo, il dito che mi è rimasto spiaccicato sotto una finestra venerdi.
Belle sfumature.
Si intonano con Halloween, questo verdino-violaceo tendente al colore di qualcosa che sta marcendo.
Perchè se una è furba, lo è fino in fondo.
Comunque, altro giro altra corsa all'health center.
Vi giuro che le infermiere mi riconoscono.
Una mi ha detto: mi ricordo anche che sei italiana. Sei sempre qui.
Son cose che fan piacere.
Ma del resto, un'ipocondriaca le cose se le tira anche un pò addosso, come mi dice sempre saggiamente il Danno.
Sarà il karma che fa il suo dovere.
Sarà che sono solo rincoglionita?




Ma passiamo a cose più interessanti.
Non riesco a smettere di fare foto a caso agli alberi e all'università.
Ma davvero, sono stupendi.





Qui sopra invece vi delizio con scorci della DINER dove abbiamo cenato giovedì sera per il compleanno di una di noi. Perchè siamo un pò camioniste inside. E perchè un mega hamburger più torta di compleanno a otto dollari in un posto che più americano non si può non potevamo perderceli.
Per la cronaca, sì, quello è il mio hamburger,
E sì, quelle sono cipolle.
Ve l'avevo detto che dentro di me, oltre alla cheerleader che mi sono mangiata, esiste anche un camionista con il tatuaggio a cuore e la scritta mamma sul braccio destro.

Nulla, non riesco a produrre niente di poetico stasera.
Posso però aggiornare la mia lista di scoperte americane.
A che numero ero arrivata?
Ah sì.
31. Ogni stagione è adatta per le ciabatte con i calzini e i calzoni corti. Anche quando io indosso sciarpa di lana e maglione.
32. Nessuno qui conosce la Moka.
33. Nessuno è mai stato in Europa. Un sondaggio da me condotto dimostra che tutti vorrebbero andarci ma è COSI' lontana. Tipo un altro universo. Della serie "Bella eh, ma lasciami guardare il football la domenica che del Colosseo e dell'Arco di Trionfo poco mi frega.
34. Cenare con un bicchiere di latte non è da pazzoidi.
35. Gli americani si urtano se gli scappa la cacca dopo la doccia. Per un attimo mi è sfuggito il perchè. Poi ho capito che LORO non hanno il bidet.
36. Qui se sei straniero ti fermano per parlare in autobus anche solo per sapere di dove sei e se ti piace l'America. Immaginate di chiedere a uno a caso un lunedì mattina di dov'è sulla metro verde a Cadorna. Come minimo se ne va indignato, come massimo vi spara un "ma fatti i cazzi tuoi".
37. I camerieri non si scazzano se gli chiedi di farti una foto al compleanno, te ne fanno due così puoi scegliere quella che è venuta meglio.
38. Pasta e pezzi di pollo qui è la massima ambizione. Mai vista in Italia in vita mia.
39. Qui nessuno fuma. Sigarette. Forse perchè costano 10 dollari a pacchetto.
40. Se non ascolti Drake o Lil Wayne fai cagare.

Niente, stasera partorire qualcosa che valga la pena di essere ricordato non è nelle mie corde.
Accontentatevi. 

E ascoltatevi questa canzone che sa di America come nessun'altra.
Zac Brown Band - Chicken Fried

"A little bit of chicken fried
a cold beer on a Friday night, 

a pair of jeans that fits just right,
and the radio oooooon"......

venerdì 19 ottobre 2012

La città che non dorme mai - Un anno dopo

Ebbene sì. Una domenica qualunque.
Due ore di pullman. 30 dollari andata e ritorno.
Una levataccia.
Ma eccoci di nuovo faccia a faccia, New York.



Praticamente un anno dopo.
Sono senza parole.
Anche perchè per New York ce ne sono sempre state troppe.
Credo sia la città più raccontata al mondo.
Ha senso che io vi descriva un'altra volta le luci accecanti di Times Square?
I brividi inquietanti mentre alzo la testa per scrutare la cima della nuova torre al posto del World Trade Center?
I brividi di eccitazione quando dal pullman ho visto ancora una volta quella manciata di grattacieli da lontano, un puntino azzurro che è Lady Liberty e la punta dell'Empire?
La sensazione di essere proprio lì, al centro del mondo, camminando per la Broadway?


Vi dirò, piano piano inizio a conoscerla, a comprenderla.
All'inizio è un gioiellino luccicante, uno di quei regali di Natale che da piccolo desideravi fortissismo e finalmente lo trovi sotto l'albero, in un pacco sfavillante.
All'inizio è spavalda, orgogliosa, nel suo vestito migliore.
Le piace mostrarsi.
Poi piano piano si lascia svestire, e riesco a comprenderne gli angoli.
Non sono la Broadway, Times Square, la Fifth Avenue.
Lei non è solo questo.
Ogni volta che vedo Times Square rimango a bocca aperta, certo. Ma ormai la conosco. Conosco le vetrine, i cartelloni, i taxi, gli odori.
Preferisco girare l'angolo, perdermi nelle viette di Soho.
Quelle piene di lavori in corso, tombini dai quali esce fumo denso e bianco in continuazione.
Quelle che puzzano di vino e di vita vissuta.
Quelle che mostrano la New York imperfetta.
Un pò in hangover.
Un pò come dopo una serata importante.
La New York struccata, con i capelli spettinati e gli occhi impiastricciati dal sonno.
La New York che le guide turistiche non ti mostrano quasi mai.
Le casupole strabiche appena dietro ai grandi grattacieli.
Le scale antincendio dei palazzi più vecchi.
I baracchini che vendono hot dog.
I barboni, probabilmente più numerosi che i taxi gialli.
La stazione dei pullman. Che in confronto Quartoggiaro è Versailles.
La fame. La povertà. La spazzatura di fronte ai ristoranti.
Tutto quello che non è abbastanza bello da essere esposto in vetrina nelle agenzie di viaggio.

La città che vive e pulsa sotto il vestito da sera.
La città che in fondo è umana come ogni città del mondo.
Che ha i suoi difetti e le sue contraddizioni.
Che passa dall'eleganza dell'Upper East Side e la sua parte di Fifth Avenue alla frenetica Midtown, con Times Square, gli uffici, fino ad arrivare a Wall Street, passando dalla viette di Soho, ai colori e alla modestia di Chinatown e Little Italy.
La città che ne ha per tutti.
Che vale la pena di essere respirata non solo nei neon di Broadway.
Ma anche nella puzza di vino e di marciapiede in una domenica piovosa di ottobre.



giovedì 4 ottobre 2012

Zucche, foglie cadute e mal di stomaco.



Mi pare strano tirare fuori la giacca di pelle e il cappotto da un posto che non sia il mio armadio. Mi pare strano avvolgermi in una sciarpa nel grigio di Milano o nel venticello di mare di Savona. E' ufficialmente ottobre da qualche giorno e da più di una settimana il grigio in effetti ci tedia, quindi un pò sembra di stare nella capitale Lombarda, per carità. Sarà il destino che si diverte e vuole farmi sentire a casa.
In ogni caso, per il resto i colori dell'autunno qui lasciano a bocca aperta. Ogni tanto viene voglia di toccare le foglie per vedere se sono vere o finte e pitturate di fresco.
Tutto qui sa di silenzio, rugiada, profumo di alberi, cene pronte in caldo nelle case che costeggiano la strada, pumpkin flavoured coffee, biscotti appena sfornati e abbracci dopo una lunga giornata.


....

Si capisce che sono malinconica, nevvero?
Potrei partire con una tiritera sull'autunno, la stagione dove tutto muore, i rami spogli degli alberi..ma ve la risparmio. Diciamo che l'irrequietezza, dopo essersene andata in vacanza per un mese e mezzo, sta combattendo con tutte le sue forze per rifarsi largo in me. E diciamo che - vagamente - ci sta riuscendo.
Da più o meno due settimane ormai ho mal di stomaco. Una sensazione di pienezza continua, come dopo il pranzo di Natale. Anche se mangio una mela. Anche se non mangio. Continua, inevitabile, costante, da tirare testate contro il muro. Sto prendendo di tutto ma evidentemente il mio stomaco non ne vuole sapere di collaborare. Mi ciucciano sangue che è un piacere all'Health Centre, e io prego che mi diano qualche intruglio miracoloso che mi riporti alla normalità. Diciamo che tutto questo mi sta deprimendo non poco, dato che non ho la minima idea di come uscirne. E che voglio la mamma. Che vergogna.
Nonostante ciò, nulla, non sento nè panico nè nulla. Ogni tanto piagnucolo, perchè insomma, dopo un mese e mezzo di niente lacrima facile mi stavo allarmando, ma nessuna ansia, panico, nemmeno prima di fare l'esame del sangue che di solito a casa mobilito la famiglia. Sarà che le mie solite ansie e panico invece di sparire stavano solo covando qualcosa per distruggermi lo stomaco? Più che probabile. Forse, e dico forse, le tonnellate di dolci, le cisterne di caffè e le innumerevoli birre hanno qualcosa a che fare con questo scempio. Forse. Ma insomma, due settimane mi sembrano troppe anche per quello.
Perchè io stia scrivendo i miei sintomi sul blog come se mi aspettassi un aiuto virtual-divino non ve lo so dire. Le mani mi son partite sulla tastiere e nulla, evidentemente dovevo farvelo sapere.
Comunque.
Questo tempo, l'autunno, la mia malattia-ormai-parte-di-me, la settimana dei midterm exams, paper e essays vari stanno minacciando seriamente la mia sanità mentale.
Lo sapevo che c'era il tranello e che la mia serenità non poteva durare a lungo.
Ma appena riesco a sfanculare 'sto maledetto mal di stomaco me la ripiglio eccome.

Anyway, vi stavo illuminando sull'autunno dell'Upper New York State.
Non ho mai visto una cosa così adorabile, ve lo giuro.
L'autunno qui sembra un rito, come se ogni cosa qui lo aspettasse per tutto l'anno.
Tutto sembra adattarsi perfettamente alle foglie che cadono, all'odore di terra perennemente umida, ai colori incredibili degli alberi, al profumo dell'erba, all'arancione vivo delle zucche, all'aroma del caffè.
Tutto sembra accogliere l'autunno come una coperta silenziosa per metterlo a suo agio.
Le foglie cadute non sono come a Milano, che al primo giorno di pioggia si polverizzano sotto gli stivali da pioggia di migliaia di persone, diventano una melma marrone e appiccicaticcia e addio poesia autunnale. Qui si appoggiano modeste sui marciapiedi, sull'erba dei cortili, sui gradini delle casette con il portico, sulle ringhiere bianche di legno, sulle caselle postali.
E' uno spettacolo silenzioso e lieve che a mio parere supera anche la neve.
(Forse perchè sto pregando che non nevichi mai, qui?)
I colori non sto nemmeno a descriverli. Scopriteli voi nelle foto. Dal giallo all'arancione, accendono ogni tetto, ogni scalino, ogni macchina parcheggiata.

Passeggiare per questi viali con l'ipod nelle orecchie e il naso all'insù è una delle cose più belle che mi è successa ultimamente. (E questo la dice lunga sul mio stato morale).
Ah, qui ottobre significa Halloween. Che sia il 2 o il 31, è già Halloween. Iniziano a esserci party a tema, le prime case decorate, Walmart vende zucche da fine agosto a 79centesimi di dollaro. Starbucks ha lanciato il pumpkin coffee da almeno due mesi e ogni negozio, che sia una farmacia, un centro commerciale o un supermercato, mette in bella mostra qualsiasi tipo di ninnolo arancione/nero/viola. Streghe, fantasmi, zucche. Immaginate qualsiasi oggetto materiale di uso comune e non, qui abbiamo la versione halloweeniana. Ho visto, oltre ai canonici oggetti: scope, pentole, asciugamani, confezioni di detersivo, MPS vari (Mai Piu' Senza, ndr), bottiglie d'acqua, pantofole, shampoo, sapone per le mani, e dulcis in fundo, carta igienica.
Insomma, altro che noi che il 31 ci mettiamo il cappello da strega, due taccazzi e un'autoreggente e ci distruggiamo in discoteca.

Mi dicono che però qui nei festeggiamenti le americane ordinano costumi succinti almeno un mese prima per essere l'infermiera o la cappuccetto rosso più fAiga del reame.

Io so già da cosa voglio vestirmi.
Il sogno di una vita.


La Cheerleader.

E ce la farò, vedrete.

Quella volta che ho aspettato (invano) un uragano.

Comprare una cassa da 24 bottigliette d'acqua (e trascinarsele fino a casa a piedi con un'amica) e scorte di cibo di prima necessità (quali patatine, noodles da scaldare in microonde, oreo, cookies, crackers e banane) in previsione di un uragano: check.
Esperienza che in effetti non potevo perdermi.
Guarda te che culo.
Io e Marina (brasiliana, ndr), non avendo mai visto un uragano nella nostra vita, siamo andate a fare scorta di beni primari. Ci mancava solo la botola che portava al seminterrato e poi eravamo a posto.
Eccitate da una parte e spaventate nell'osso dall'altra.
Si sa che gli americani tendono a essere un pochino allarmisti, ma stavolta c'avevano anche un pochetto di ragione.
Cioè, ovviamente non qui.
Cartelli ovunque con istruzioni come: tieni a portata di mano un cuscino e una coperta, se parte la corrente evacua. Evacuo cosa? Dove vado sotto la pioggia al buio? Non ci era dato saperlo.
Altro consiglio: se esplode la finestra evacua. Cioè nel senso che può esplodere sul serio?
Togli la roba di valore dal pavimento. E sia.
Fatto sta che ieri pomeriggio eravamo in pieno mood pre-uragano: chiuse in una camera con degli oreo a guardare delle serie per poi addormentarci tutte insieme stile tetris. Una scorpacciata di cibo e poi altri oreo e patatine accompagnati da manicure e pedicure.
Quello che ci è arrivato di Sandy è stato uno sputacchio, alla fine.
Un bel pò di pioggia e vento, ma roba che a Savona quando c'è la mareggiata mi spavento di più.
Oggi sì, sono andata a Zumba e c'era un vento che mi portava via.
Anzi no, con il mio peso specifico non mi avrebbe mai portata via, ma avete capito.
Ma perchè non riesco a produrre un post che mi soddisfi e finisco per parlare della mia ciccia in esubero?

Comunque.
Qui di seguito vi allego le prove che il tempo non era bellerrimo.
In ordine, ieri e oggi.



E niente, come ogni tragedia che si rispetti vi ringrazio per avermi chiesto come stavo e se sarei sopravvissuta all'uragano, vi amo tutti. Grazie madre e padre che vi preoccupate per me e prima o poi un ictus vi porterà via perchè finirete nel panico e chiamerete Obama in persona.
Io poi ovviamente sono cretina e faccio la scema, ma ho seguito (per ovvie ragioni) quarantamila telegiornali, tutti i siti live della CNN e della ABC con le news e devo ammettere che le foto e i video di New York allagata e mezza al buio mi hanno sconvolta. Sarà perchè qualcosa come un mesetto fa ero lì, in quelle strade, a fare foto e a sentirmi al centro del mondo.
Ora, sappiamo che Sandy ha colpito almeno sei o sette stati, inondato completamente Atlantic City, devastato il New Jersey, ma New York ci fa più impressione.
Perchè lei è sempre stata lì, imponente, potente, elegante.
Luminosa, il faro della East Coast ma anche di tutti gli States, la città che ha saputo riprendersi dall 9/11 e ha ricostruito una torre ancora più alta, dal rinomato orgoglio americano.
Lei è sempre stata il centro del mondo.
La città che tutti sognano.
Perchè tutti in fondo la sognano.
La città che tutti vogliono vivere come nei film. Perchè lei stessa è attrice protagonista.
Lei detta le mode, i tempi, gli spazi.
Grande e grossa.
Messa in ginocchio da qualcosa che non avrebbe mai potuto combattere.
Ma solo subire, o tentare di prevenire.
Con la testa bassa, ora si lecca le ferite.
Diamine, le immagini della CNN sembravano quelle dell'inizio di The Day After Tomorrow.
Nonostante i mille allarmi almeno una ventina di persone sono morte, a Manhattan e in tutti gli stati colpiti.
L'America ancora una volta conta le sue vittime, e New York spicca tra tutte le città piegate da Sandy.





Quei due mesi da qualche parte del nord degli U.S.

Due mesi sono passati.
Più di sessanta giorni.



Sessanta.
Vi dirò, ormai ho preso un tran tran dormitorio-bus-college-mall-walmart-WTs (Washington Tavern, il ritrovo delle nostre sbronze finesettimanali)- dormitorio.
Non vado quasi mai a downtown, forse perchè per una volta che mi sono inoltrata qualche isolato (isolato..inizio proprio ad americanizzarmi) per andare in farmacia ho temuto davvero per la mia esistenza. Quartoggiaro è Via Montenapoleone in confronto, ve lo giuro.
I dettagli come al solito in privato.

Anyway.
Dicevo.
Ogni tanto mi scordo quasi di essere in America, tutto inizia ad avere quella forma e quei colori che associ a qualcosa di familiare, conosciuto, sicuro.
La fermata dell'autobus sotto "casa", la library, il pub a un isolato, il "pizza place" dove andiamo ogni volta a sbranare una fetta di margherita a due dollari alle quattro di notte.
La dining hall.
I bagni.
Persino i bagni.
Vi dirò, l'altro giorno ero in università e insomma sì, ci dovevo andare.
E volevo farla a casa.
Contando che il bagno in università è identico a quello di casa, dato che lo condividiamo, il pensiero ha di per sè poco senso.
Ma quel bagnetto insulso ormai è un pò casa.
Si, ridete pure.
Sto pensando di cancellare le ultime sei o sette righe ma se le ho scritte evidentemente sento il bisogno di condividerle con voi.
Pensieri profondi di un martedì sera qualunque.


Ah. Vi presento Furbo, il dito che mi è rimasto spiaccicato sotto una finestra venerdi.
Belle sfumature.
Si intonano con Halloween, questo verdino-violaceo tendente al colore di qualcosa che sta marcendo.
Perchè se una è furba, lo è fino in fondo.
Comunque, altro giro altra corsa all'health center.
Vi giuro che le infermiere mi riconoscono.
Una mi ha detto: mi ricordo anche che sei italiana. Sei sempre qui.
Son cose che fan piacere.
Ma del resto, un'ipocondriaca le cose se le tira anche un pò addosso, come mi dice sempre saggiamente il Danno.
Sarà il karma che fa il suo dovere.
Sarà che sono solo rincoglionita?




Ma passiamo a cose più interessanti.
Non riesco a smettere di fare foto a caso agli alberi e all'università.
Ma davvero, sono stupendi.





Qui sopra invece vi delizio con scorci della DINER dove abbiamo cenato giovedì sera per il compleanno di una di noi. Perchè siamo un pò camioniste inside. E perchè un mega hamburger più torta di compleanno a otto dollari in un posto che più americano non si può non potevamo perderceli.
Per la cronaca, sì, quello è il mio hamburger,
E sì, quelle sono cipolle.
Ve l'avevo detto che dentro di me, oltre alla cheerleader che mi sono mangiata, esiste anche un camionista con il tatuaggio a cuore e la scritta mamma sul braccio destro.

Nulla, non riesco a produrre niente di poetico stasera.
Posso però aggiornare la mia lista di scoperte americane.
A che numero ero arrivata?
Ah sì.
31. Ogni stagione è adatta per le ciabatte con i calzini e i calzoni corti. Anche quando io indosso sciarpa di lana e maglione.
32. Nessuno qui conosce la Moka.
33. Nessuno è mai stato in Europa. Un sondaggio da me condotto dimostra che tutti vorrebbero andarci ma è COSI' lontana. Tipo un altro universo. Della serie "Bella eh, ma lasciami guardare il football la domenica che del Colosseo e dell'Arco di Trionfo poco mi frega.
34. Cenare con un bicchiere di latte non è da pazzoidi.
35. Gli americani si urtano se gli scappa la cacca dopo la doccia. Per un attimo mi è sfuggito il perchè. Poi ho capito che LORO non hanno il bidet.
36. Qui se sei straniero ti fermano per parlare in autobus anche solo per sapere di dove sei e se ti piace l'America. Immaginate di chiedere a uno a caso un lunedì mattina di dov'è sulla metro verde a Cadorna. Come minimo se ne va indignato, come massimo vi spara un "ma fatti i cazzi tuoi".
37. I camerieri non si scazzano se gli chiedi di farti una foto al compleanno, te ne fanno due così puoi scegliere quella che è venuta meglio.
38. Pasta e pezzi di pollo qui è la massima ambizione. Mai vista in Italia in vita mia.
39. Qui nessuno fuma. Sigarette. Forse perchè costano 10 dollari a pacchetto.
40. Se non ascolti Drake o Lil Wayne fai cagare.

Niente, stasera partorire qualcosa che valga la pena di essere ricordato non è nelle mie corde.
Accontentatevi. 

E ascoltatevi questa canzone che sa di America come nessun'altra.
Zac Brown Band - Chicken Fried

"A little bit of chicken fried
a cold beer on a Friday night, 

a pair of jeans that fits just right,
and the radio oooooon"......

La città che non dorme mai - Un anno dopo

Ebbene sì. Una domenica qualunque.
Due ore di pullman. 30 dollari andata e ritorno.
Una levataccia.
Ma eccoci di nuovo faccia a faccia, New York.



Praticamente un anno dopo.
Sono senza parole.
Anche perchè per New York ce ne sono sempre state troppe.
Credo sia la città più raccontata al mondo.
Ha senso che io vi descriva un'altra volta le luci accecanti di Times Square?
I brividi inquietanti mentre alzo la testa per scrutare la cima della nuova torre al posto del World Trade Center?
I brividi di eccitazione quando dal pullman ho visto ancora una volta quella manciata di grattacieli da lontano, un puntino azzurro che è Lady Liberty e la punta dell'Empire?
La sensazione di essere proprio lì, al centro del mondo, camminando per la Broadway?


Vi dirò, piano piano inizio a conoscerla, a comprenderla.
All'inizio è un gioiellino luccicante, uno di quei regali di Natale che da piccolo desideravi fortissismo e finalmente lo trovi sotto l'albero, in un pacco sfavillante.
All'inizio è spavalda, orgogliosa, nel suo vestito migliore.
Le piace mostrarsi.
Poi piano piano si lascia svestire, e riesco a comprenderne gli angoli.
Non sono la Broadway, Times Square, la Fifth Avenue.
Lei non è solo questo.
Ogni volta che vedo Times Square rimango a bocca aperta, certo. Ma ormai la conosco. Conosco le vetrine, i cartelloni, i taxi, gli odori.
Preferisco girare l'angolo, perdermi nelle viette di Soho.
Quelle piene di lavori in corso, tombini dai quali esce fumo denso e bianco in continuazione.
Quelle che puzzano di vino e di vita vissuta.
Quelle che mostrano la New York imperfetta.
Un pò in hangover.
Un pò come dopo una serata importante.
La New York struccata, con i capelli spettinati e gli occhi impiastricciati dal sonno.
La New York che le guide turistiche non ti mostrano quasi mai.
Le casupole strabiche appena dietro ai grandi grattacieli.
Le scale antincendio dei palazzi più vecchi.
I baracchini che vendono hot dog.
I barboni, probabilmente più numerosi che i taxi gialli.
La stazione dei pullman. Che in confronto Quartoggiaro è Versailles.
La fame. La povertà. La spazzatura di fronte ai ristoranti.
Tutto quello che non è abbastanza bello da essere esposto in vetrina nelle agenzie di viaggio.

La città che vive e pulsa sotto il vestito da sera.
La città che in fondo è umana come ogni città del mondo.
Che ha i suoi difetti e le sue contraddizioni.
Che passa dall'eleganza dell'Upper East Side e la sua parte di Fifth Avenue alla frenetica Midtown, con Times Square, gli uffici, fino ad arrivare a Wall Street, passando dalla viette di Soho, ai colori e alla modestia di Chinatown e Little Italy.
La città che ne ha per tutti.
Che vale la pena di essere respirata non solo nei neon di Broadway.
Ma anche nella puzza di vino e di marciapiede in una domenica piovosa di ottobre.



Zucche, foglie cadute e mal di stomaco.



Mi pare strano tirare fuori la giacca di pelle e il cappotto da un posto che non sia il mio armadio. Mi pare strano avvolgermi in una sciarpa nel grigio di Milano o nel venticello di mare di Savona. E' ufficialmente ottobre da qualche giorno e da più di una settimana il grigio in effetti ci tedia, quindi un pò sembra di stare nella capitale Lombarda, per carità. Sarà il destino che si diverte e vuole farmi sentire a casa.
In ogni caso, per il resto i colori dell'autunno qui lasciano a bocca aperta. Ogni tanto viene voglia di toccare le foglie per vedere se sono vere o finte e pitturate di fresco.
Tutto qui sa di silenzio, rugiada, profumo di alberi, cene pronte in caldo nelle case che costeggiano la strada, pumpkin flavoured coffee, biscotti appena sfornati e abbracci dopo una lunga giornata.


....

Si capisce che sono malinconica, nevvero?
Potrei partire con una tiritera sull'autunno, la stagione dove tutto muore, i rami spogli degli alberi..ma ve la risparmio. Diciamo che l'irrequietezza, dopo essersene andata in vacanza per un mese e mezzo, sta combattendo con tutte le sue forze per rifarsi largo in me. E diciamo che - vagamente - ci sta riuscendo.
Da più o meno due settimane ormai ho mal di stomaco. Una sensazione di pienezza continua, come dopo il pranzo di Natale. Anche se mangio una mela. Anche se non mangio. Continua, inevitabile, costante, da tirare testate contro il muro. Sto prendendo di tutto ma evidentemente il mio stomaco non ne vuole sapere di collaborare. Mi ciucciano sangue che è un piacere all'Health Centre, e io prego che mi diano qualche intruglio miracoloso che mi riporti alla normalità. Diciamo che tutto questo mi sta deprimendo non poco, dato che non ho la minima idea di come uscirne. E che voglio la mamma. Che vergogna.
Nonostante ciò, nulla, non sento nè panico nè nulla. Ogni tanto piagnucolo, perchè insomma, dopo un mese e mezzo di niente lacrima facile mi stavo allarmando, ma nessuna ansia, panico, nemmeno prima di fare l'esame del sangue che di solito a casa mobilito la famiglia. Sarà che le mie solite ansie e panico invece di sparire stavano solo covando qualcosa per distruggermi lo stomaco? Più che probabile. Forse, e dico forse, le tonnellate di dolci, le cisterne di caffè e le innumerevoli birre hanno qualcosa a che fare con questo scempio. Forse. Ma insomma, due settimane mi sembrano troppe anche per quello.
Perchè io stia scrivendo i miei sintomi sul blog come se mi aspettassi un aiuto virtual-divino non ve lo so dire. Le mani mi son partite sulla tastiere e nulla, evidentemente dovevo farvelo sapere.
Comunque.
Questo tempo, l'autunno, la mia malattia-ormai-parte-di-me, la settimana dei midterm exams, paper e essays vari stanno minacciando seriamente la mia sanità mentale.
Lo sapevo che c'era il tranello e che la mia serenità non poteva durare a lungo.
Ma appena riesco a sfanculare 'sto maledetto mal di stomaco me la ripiglio eccome.

Anyway, vi stavo illuminando sull'autunno dell'Upper New York State.
Non ho mai visto una cosa così adorabile, ve lo giuro.
L'autunno qui sembra un rito, come se ogni cosa qui lo aspettasse per tutto l'anno.
Tutto sembra adattarsi perfettamente alle foglie che cadono, all'odore di terra perennemente umida, ai colori incredibili degli alberi, al profumo dell'erba, all'arancione vivo delle zucche, all'aroma del caffè.
Tutto sembra accogliere l'autunno come una coperta silenziosa per metterlo a suo agio.
Le foglie cadute non sono come a Milano, che al primo giorno di pioggia si polverizzano sotto gli stivali da pioggia di migliaia di persone, diventano una melma marrone e appiccicaticcia e addio poesia autunnale. Qui si appoggiano modeste sui marciapiedi, sull'erba dei cortili, sui gradini delle casette con il portico, sulle ringhiere bianche di legno, sulle caselle postali.
E' uno spettacolo silenzioso e lieve che a mio parere supera anche la neve.
(Forse perchè sto pregando che non nevichi mai, qui?)
I colori non sto nemmeno a descriverli. Scopriteli voi nelle foto. Dal giallo all'arancione, accendono ogni tetto, ogni scalino, ogni macchina parcheggiata.

Passeggiare per questi viali con l'ipod nelle orecchie e il naso all'insù è una delle cose più belle che mi è successa ultimamente. (E questo la dice lunga sul mio stato morale).
Ah, qui ottobre significa Halloween. Che sia il 2 o il 31, è già Halloween. Iniziano a esserci party a tema, le prime case decorate, Walmart vende zucche da fine agosto a 79centesimi di dollaro. Starbucks ha lanciato il pumpkin coffee da almeno due mesi e ogni negozio, che sia una farmacia, un centro commerciale o un supermercato, mette in bella mostra qualsiasi tipo di ninnolo arancione/nero/viola. Streghe, fantasmi, zucche. Immaginate qualsiasi oggetto materiale di uso comune e non, qui abbiamo la versione halloweeniana. Ho visto, oltre ai canonici oggetti: scope, pentole, asciugamani, confezioni di detersivo, MPS vari (Mai Piu' Senza, ndr), bottiglie d'acqua, pantofole, shampoo, sapone per le mani, e dulcis in fundo, carta igienica.
Insomma, altro che noi che il 31 ci mettiamo il cappello da strega, due taccazzi e un'autoreggente e ci distruggiamo in discoteca.

Mi dicono che però qui nei festeggiamenti le americane ordinano costumi succinti almeno un mese prima per essere l'infermiera o la cappuccetto rosso più fAiga del reame.

Io so già da cosa voglio vestirmi.
Il sogno di una vita.


La Cheerleader.

E ce la farò, vedrete.