lunedì 17 novembre 2014

Momento. Momento.


C'è qualcosa che non quadra, l'orologio che perde un giro di lancette, la giornata che salta due o tre ore. Il tempo scivola via tra le mani manco fosse la sabbia fine di Palombaggia.
Manca una nota, un battito, un diamine di ritmo. Tutto sincopato e gira intorno.
In tondo.
E la palestra? E due passi di danza, così, en passant, in settimana?
E no non c'è tempo. E spiegalo a quel morbido strato di cellulite che mi avvolge le cosce con dolcezza, lento e subdolo, che non c'è tempo per la zumba delle 19.
E una qualsiasi attività fisica che non sia andare avanti e indietro per il mio corridoio lungo come quelli dell'albergo di Shining.
E "ma da Decathlon la cyclette base costa 89 euro".
"La faccio la mattina prima di controllare le mail e andare a lezione".
"No dai, la biblioteca al terzo piano a piedi no".
E il regionale Genova-Savona, e porcaccia le lenti a contatto sono a Genova e io sono a Savona.
E le camminate a passo spedito per vico San Luca, la mia arteria conosciuta. E prendere un vicolo a destra, ma che pittoresco, e cambia universo, lingua e paesaggio. 
E giri in tondo senza meta, gli occhi che scrutano ogni volto, ogni taglio di altri occhi, ogni accento. In silenzio.
E inerpicati su per la salita di piazza Sarzano. E il mare e le nuvole tra le gru. E respirare. E la sopraelevata lì sotto, lingua grigia interminabile.
"Ma da quando nei kebab ci sono le patatine fritte? Dai però, non le volevo"
Poco importa se la salsa piccante mi cola tutta giù per il mento e plana sul selciato con un secco splat,  ci si asciuga la bocca col dito e intanto si spazzano via dalla faccia le paranoie.
E salta il tempo, rallenta, inchioda, riparte, frena e poi di nuovo.
E tempo di chiudere gli occhi che il dado è tratto, show must go on, ma anche no, al diavolo la coerenza.
E pretendere di essere capita quando nemmeno si ha un filo del discorso.
E pretendere di essere.
E pretendere.
E non c'è bisogno di chiedere scusa.
E la calma di un lunedì sera.
Momento. Momento.


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Momento. Momento.


C'è qualcosa che non quadra, l'orologio che perde un giro di lancette, la giornata che salta due o tre ore. Il tempo scivola via tra le mani manco fosse la sabbia fine di Palombaggia.
Manca una nota, un battito, un diamine di ritmo. Tutto sincopato e gira intorno.
In tondo.
E la palestra? E due passi di danza, così, en passant, in settimana?
E no non c'è tempo. E spiegalo a quel morbido strato di cellulite che mi avvolge le cosce con dolcezza, lento e subdolo, che non c'è tempo per la zumba delle 19.
E una qualsiasi attività fisica che non sia andare avanti e indietro per il mio corridoio lungo come quelli dell'albergo di Shining.
E "ma da Decathlon la cyclette base costa 89 euro".
"La faccio la mattina prima di controllare le mail e andare a lezione".
"No dai, la biblioteca al terzo piano a piedi no".
E il regionale Genova-Savona, e porcaccia le lenti a contatto sono a Genova e io sono a Savona.
E le camminate a passo spedito per vico San Luca, la mia arteria conosciuta. E prendere un vicolo a destra, ma che pittoresco, e cambia universo, lingua e paesaggio. 
E giri in tondo senza meta, gli occhi che scrutano ogni volto, ogni taglio di altri occhi, ogni accento. In silenzio.
E inerpicati su per la salita di piazza Sarzano. E il mare e le nuvole tra le gru. E respirare. E la sopraelevata lì sotto, lingua grigia interminabile.
"Ma da quando nei kebab ci sono le patatine fritte? Dai però, non le volevo"
Poco importa se la salsa piccante mi cola tutta giù per il mento e plana sul selciato con un secco splat,  ci si asciuga la bocca col dito e intanto si spazzano via dalla faccia le paranoie.
E salta il tempo, rallenta, inchioda, riparte, frena e poi di nuovo.
E tempo di chiudere gli occhi che il dado è tratto, show must go on, ma anche no, al diavolo la coerenza.
E pretendere di essere capita quando nemmeno si ha un filo del discorso.
E pretendere di essere.
E pretendere.
E non c'è bisogno di chiedere scusa.
E la calma di un lunedì sera.
Momento. Momento.


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