giovedì 6 ottobre 2011

Del caffè, del tè freddo e i placebo.

In questa pausa dalle lezioni, sono nella mia cucina bianca, sul mio tavolo bianco, con di fronte una parete bianca.
Questa casa dall'aspetto poco abitato sarà la mia umile dimora per più di metà anno. Quindi, ci si adatta.
Comunque, stamattina un pò assonnata mi collego dal mio I-phone (che devo ancora finire di pagare) mentre vado in università, ancora un pò assonnata, con la matita nera sugli occhi che già cola e il passo agile di una gazzella zoppa.
E scorro ovviamente la mia pagina di facebook, tossica di tecnologia e social networks come sono.
La mia home è inondata di "Stay hungry, stay foolish", video di Steve Jobs sul suo discorso del 2005 a Stanford, parole d'amore. E allora capisco, è morto.
E il cervello è andato oltre al dispiacere, alle commemorazioni di oggi che domani saranno solo messaggi di ieri, storia.
(Nonostante il motto di dispiacere, di vuoto, seppur lontano, incomprensibile, aleggi nella mia testa)
E' andato alla fine di un'era, in un certo senso.
O all'inizio di un'altra.
Di un'eredità lasciata a noi, a noi giovani, che ancora non ci rendiamo conto molto bene che il suo motto, la sua raccomandazione, non sono solo quattro parole che stanno bene insieme, che suonano bene e sono perfette come tweet o stato di facebook, o sono un bel pensiero.
Sono un modo di vivere, uno stato mentale,  che non va pensato dieci minuti al giorno, e poi si torna a fare il minimo indispensabile.
Non credo che Steve abbia fatto il minimo indispensabile, per arrivare dov'è. Dov'era.
Per fare il proprio lavoro, per seguire le lezioni all'università, per prendere un 18 e festeggiare.
E' sapersi prendere la vita che si vuole.
E' lottare, per quello che si vuole.
Fare in modo di andarsi a prendere il lavoro che si sogna, di trovarlo, di non accontentarsi.
E condivido pienamente tutto questo.
In un paese dove il tasso di disoccupazione giovanile è altissimo, dove si alza l'età pensionabile sempre di più ma i giovani, le menti fresche e innovative di oggi, che hanno tanto da dare quanto da imparare, forzalavoro che potrebbe dare il massimo, vengono lasciati fuori, indietro, per poi iniziare a lavorare seriamente a quarantanni e andare in pensione a sessanta, non dobbiamo aspettarcelo dai politici, il cambiamento.
Nè dai nostri genitori, o dagli insegnanti, o dai datori di lavoro.
Per cambiare le cose, ci vogliamo noi.
Quindi Steve, mi piacerebbe proprio essere il genio che inventerà l'innovazione del decennio, del secolo, riempirmi di soldi, essere realizzata e avere una famiglia stupenda.
Ma chiedo anche di meno, e mi piacerebbe sapere di fare qualcosa di bello, di grande nel mio piccolo, ogni giorno.
Hai cambiato il mondo, è vero, e probabilmente senza di te stamattina non avrei potuto leggere la notizia della tua morte sul mio I-phone. (La cosa si sta facendo contorta.)
Ma credo che da te si dovrebbe imparare la tenacia, la passione, la voglia di cambiare e l'entusiasmo di fare, oltre che il genio.
Quello però, purtroppo, credo che non si possa imparare.
Ci piace così tanto parlare di grandi ideali, di grandi passioni che muovono gli animi, di sogni lontani e desiderio di gloria, ma tutte queste belle parole rimangono nei nostri cassetti, un pò impolverate e malinconiche.
Quindi, che le tue parole, Stewie (non me ne volere), siano molto più che un motto. Ma un modo di vivere.
E oggi, prenditi i tweet del mondo intero per salutarti, e gongola un pò.

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Del caffè, del tè freddo e i placebo.

In questa pausa dalle lezioni, sono nella mia cucina bianca, sul mio tavolo bianco, con di fronte una parete bianca.
Questa casa dall'aspetto poco abitato sarà la mia umile dimora per più di metà anno. Quindi, ci si adatta.
Comunque, stamattina un pò assonnata mi collego dal mio I-phone (che devo ancora finire di pagare) mentre vado in università, ancora un pò assonnata, con la matita nera sugli occhi che già cola e il passo agile di una gazzella zoppa.
E scorro ovviamente la mia pagina di facebook, tossica di tecnologia e social networks come sono.
La mia home è inondata di "Stay hungry, stay foolish", video di Steve Jobs sul suo discorso del 2005 a Stanford, parole d'amore. E allora capisco, è morto.
E il cervello è andato oltre al dispiacere, alle commemorazioni di oggi che domani saranno solo messaggi di ieri, storia.
(Nonostante il motto di dispiacere, di vuoto, seppur lontano, incomprensibile, aleggi nella mia testa)
E' andato alla fine di un'era, in un certo senso.
O all'inizio di un'altra.
Di un'eredità lasciata a noi, a noi giovani, che ancora non ci rendiamo conto molto bene che il suo motto, la sua raccomandazione, non sono solo quattro parole che stanno bene insieme, che suonano bene e sono perfette come tweet o stato di facebook, o sono un bel pensiero.
Sono un modo di vivere, uno stato mentale,  che non va pensato dieci minuti al giorno, e poi si torna a fare il minimo indispensabile.
Non credo che Steve abbia fatto il minimo indispensabile, per arrivare dov'è. Dov'era.
Per fare il proprio lavoro, per seguire le lezioni all'università, per prendere un 18 e festeggiare.
E' sapersi prendere la vita che si vuole.
E' lottare, per quello che si vuole.
Fare in modo di andarsi a prendere il lavoro che si sogna, di trovarlo, di non accontentarsi.
E condivido pienamente tutto questo.
In un paese dove il tasso di disoccupazione giovanile è altissimo, dove si alza l'età pensionabile sempre di più ma i giovani, le menti fresche e innovative di oggi, che hanno tanto da dare quanto da imparare, forzalavoro che potrebbe dare il massimo, vengono lasciati fuori, indietro, per poi iniziare a lavorare seriamente a quarantanni e andare in pensione a sessanta, non dobbiamo aspettarcelo dai politici, il cambiamento.
Nè dai nostri genitori, o dagli insegnanti, o dai datori di lavoro.
Per cambiare le cose, ci vogliamo noi.
Quindi Steve, mi piacerebbe proprio essere il genio che inventerà l'innovazione del decennio, del secolo, riempirmi di soldi, essere realizzata e avere una famiglia stupenda.
Ma chiedo anche di meno, e mi piacerebbe sapere di fare qualcosa di bello, di grande nel mio piccolo, ogni giorno.
Hai cambiato il mondo, è vero, e probabilmente senza di te stamattina non avrei potuto leggere la notizia della tua morte sul mio I-phone. (La cosa si sta facendo contorta.)
Ma credo che da te si dovrebbe imparare la tenacia, la passione, la voglia di cambiare e l'entusiasmo di fare, oltre che il genio.
Quello però, purtroppo, credo che non si possa imparare.
Ci piace così tanto parlare di grandi ideali, di grandi passioni che muovono gli animi, di sogni lontani e desiderio di gloria, ma tutte queste belle parole rimangono nei nostri cassetti, un pò impolverate e malinconiche.
Quindi, che le tue parole, Stewie (non me ne volere), siano molto più che un motto. Ma un modo di vivere.
E oggi, prenditi i tweet del mondo intero per salutarti, e gongola un pò.

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