domenica 30 ottobre 2011

Un giorno in più..e tutto cambia.

I tecnici Fastweb che latitano mi impediscono di dare voce alle baggianate che mi passano per la testa durante la settimana. Ma sì, è nel weekend che riesco a liberare il mio esercito di pensieri e a stiparlo bene qui sopra.
Comunque.
Stavo riflettendo, alcuni giorni fa, nel dormiveglia, sprofondando in uno di quei momenti di follia acuta, sulla morte.

Ma no, non in modo così macabro, giuro.
Però ho vissuto una settimana circondata da immagini di un ragazzo riccioluto e sorridente, con un accento simpatico, che aveva appena tre e dico TRE anni più di me, che da un momento all'altro ha perso la vita.
Allegro, un accento tutto da strapazzare, dei ricci da prendere in giro.
Un  minuto scherza, e l'altro via, chissà dove. 

Di sicuro non qui, perchè tutti ne sentono la mancanza. 
Eppure io, deficiente (nel senso di deficere) di sport, avevo forse ma dico forse sentito il suo nome citato da qualche parte.
Ma ciò non mi ha impedito di andare a vedere il video dell'incidente, con una curiosità morbosa di cui ovviamente mi vergogno, i servizi al telegiornale e addirittura uno spezzone del funerale in diretta (ma quello solo per la morbosità della mia coinquilina), con annesse lacrime spazzate via con la mano e riflessioni su come sia sbagliato e tutto ciò che ne viene.

Fatto sta, la morte in diretta fa sempre la sua porca figura.
Scusate i termini, ma non c'è niente di più vero.
Forse perchè è un modo di sfatarla, o per allontanare la nostra paura, per lo stesso motivo per cui rischiamo un incidente fermandoci per vedere il vero incidente.

Ma volevo arrivare ad un punto.
Io sono tremendamente dispiaciuta per Marco, Sic, la sua passione e la sua vita spezzata.
Non riesco a immaginare il dolore di nessuno, io probabilmente non lo supererei.
E queste tre parole in croce dimostrano quanto banale sia quello che ho da dire.
Ma quello che mi incrina il sorriso triste, quello che stona in tutto questo dolore e in questo affetto nel ricordarlo, è la polemica.
La polemica di chi parla di ipocrisia, di chi parla di ossessione, di chi parla di ingiustizie.
Perchè l'opinione pubblica si è ovviamente spaccata in due, senza spazio alle sfumature.
Da una parte chi ancora piange pensando a Marco, chi ama ricordarlo, chi pubblica foto ogni giorno sui social networks, e dall'altra chi ritiene tutto una farsa, un'ipocrisia, un'esagerazione e si batte per dare voce alle vittime del terremoto in Turchia, alla scomparsa dell'inventore del pacemaker
   e di una simpatica signora che ha salvato migliaia di bambini ai tempi della seconda guerra mondiale, Irena Sendler.

Il risultato?
La gente SI BATTE per dare voce ai morti.

Ora, seguendo un mio percorso logico, tutto questo mi sembra assurdo.
Perchè tutto cade nel personale.
Invece che commemorare, o al massimo lasciare spazio alle notizie, farle circolare, ci battiamo in una gara senza fine per trovare un personaggio importante da citare, per sfatare il mito del funerale con moto di Simoncelli, o degli Apple stores ridotti ad altari per Steve Jobs.

E tutto questo smette di riguardare loro, che ci hanno lasciato (e probabilmente sbuffano e ridono ovunque siano adesso), e inizia a riguardare noi.
Noi, che vogliamo avere ragione.
Noi che piuttosto vorremmo pubblicare la fotografia di Juhnil, l'orso polare morto l'anno scorso dopo aver salvato almeno trenta cuccioli, per avere una decina di retweet e qualche "i like it" su Facebook.
Perchè non basta più avere la possibilità di vedere le notizie in televisione, in radio, sui giornali, e commentarle a voce, insieme.
Per sentirsi completi bisogna avere ragione.

E trasformare le morti in armi di battaglia in questa retorica senza fine.
E, come in ogni battaglia, ci si schiera. O nelle foto ricciolute, o in chi ritiene sia tutta un'ipocrisia.
Non c'è una via di mezzo.
Un "si forse bisognerebbe lasciare in pace i genitori di Marco, e mediatizzare meno un evento così triste, e dare spazio anche alle vittime "civili", silenziose, che non hanno concerti con la musica di Vasco alla fine".
Un'opinione, un "sì è vero ma..", un commento.
Non c'è spazio per questo, ma solo per una grande polemica.
E questo sì, che mi mette tristezza.



Ma poi un pò sorrido. 
Perchè nel mio strambo modo di vedere le cose, magari Steve Jobs sta facendo girogirotondo per mano a Simoncelli, facendo ridere i bambini Turchi con le Apps dell'Ipad, Irena e tutti i suoi bambini salvati che giocano ad Angry Birds e Greatbatch che si fa crescere i ricci come Sic.
E tutti si fanno grasse risate di noi che qui sprechiamo il nostro tempo a polemizzare. 


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Un giorno in più..e tutto cambia.

I tecnici Fastweb che latitano mi impediscono di dare voce alle baggianate che mi passano per la testa durante la settimana. Ma sì, è nel weekend che riesco a liberare il mio esercito di pensieri e a stiparlo bene qui sopra.
Comunque.
Stavo riflettendo, alcuni giorni fa, nel dormiveglia, sprofondando in uno di quei momenti di follia acuta, sulla morte.

Ma no, non in modo così macabro, giuro.
Però ho vissuto una settimana circondata da immagini di un ragazzo riccioluto e sorridente, con un accento simpatico, che aveva appena tre e dico TRE anni più di me, che da un momento all'altro ha perso la vita.
Allegro, un accento tutto da strapazzare, dei ricci da prendere in giro.
Un  minuto scherza, e l'altro via, chissà dove. 

Di sicuro non qui, perchè tutti ne sentono la mancanza. 
Eppure io, deficiente (nel senso di deficere) di sport, avevo forse ma dico forse sentito il suo nome citato da qualche parte.
Ma ciò non mi ha impedito di andare a vedere il video dell'incidente, con una curiosità morbosa di cui ovviamente mi vergogno, i servizi al telegiornale e addirittura uno spezzone del funerale in diretta (ma quello solo per la morbosità della mia coinquilina), con annesse lacrime spazzate via con la mano e riflessioni su come sia sbagliato e tutto ciò che ne viene.

Fatto sta, la morte in diretta fa sempre la sua porca figura.
Scusate i termini, ma non c'è niente di più vero.
Forse perchè è un modo di sfatarla, o per allontanare la nostra paura, per lo stesso motivo per cui rischiamo un incidente fermandoci per vedere il vero incidente.

Ma volevo arrivare ad un punto.
Io sono tremendamente dispiaciuta per Marco, Sic, la sua passione e la sua vita spezzata.
Non riesco a immaginare il dolore di nessuno, io probabilmente non lo supererei.
E queste tre parole in croce dimostrano quanto banale sia quello che ho da dire.
Ma quello che mi incrina il sorriso triste, quello che stona in tutto questo dolore e in questo affetto nel ricordarlo, è la polemica.
La polemica di chi parla di ipocrisia, di chi parla di ossessione, di chi parla di ingiustizie.
Perchè l'opinione pubblica si è ovviamente spaccata in due, senza spazio alle sfumature.
Da una parte chi ancora piange pensando a Marco, chi ama ricordarlo, chi pubblica foto ogni giorno sui social networks, e dall'altra chi ritiene tutto una farsa, un'ipocrisia, un'esagerazione e si batte per dare voce alle vittime del terremoto in Turchia, alla scomparsa dell'inventore del pacemaker
   e di una simpatica signora che ha salvato migliaia di bambini ai tempi della seconda guerra mondiale, Irena Sendler.

Il risultato?
La gente SI BATTE per dare voce ai morti.

Ora, seguendo un mio percorso logico, tutto questo mi sembra assurdo.
Perchè tutto cade nel personale.
Invece che commemorare, o al massimo lasciare spazio alle notizie, farle circolare, ci battiamo in una gara senza fine per trovare un personaggio importante da citare, per sfatare il mito del funerale con moto di Simoncelli, o degli Apple stores ridotti ad altari per Steve Jobs.

E tutto questo smette di riguardare loro, che ci hanno lasciato (e probabilmente sbuffano e ridono ovunque siano adesso), e inizia a riguardare noi.
Noi, che vogliamo avere ragione.
Noi che piuttosto vorremmo pubblicare la fotografia di Juhnil, l'orso polare morto l'anno scorso dopo aver salvato almeno trenta cuccioli, per avere una decina di retweet e qualche "i like it" su Facebook.
Perchè non basta più avere la possibilità di vedere le notizie in televisione, in radio, sui giornali, e commentarle a voce, insieme.
Per sentirsi completi bisogna avere ragione.

E trasformare le morti in armi di battaglia in questa retorica senza fine.
E, come in ogni battaglia, ci si schiera. O nelle foto ricciolute, o in chi ritiene sia tutta un'ipocrisia.
Non c'è una via di mezzo.
Un "si forse bisognerebbe lasciare in pace i genitori di Marco, e mediatizzare meno un evento così triste, e dare spazio anche alle vittime "civili", silenziose, che non hanno concerti con la musica di Vasco alla fine".
Un'opinione, un "sì è vero ma..", un commento.
Non c'è spazio per questo, ma solo per una grande polemica.
E questo sì, che mi mette tristezza.



Ma poi un pò sorrido. 
Perchè nel mio strambo modo di vedere le cose, magari Steve Jobs sta facendo girogirotondo per mano a Simoncelli, facendo ridere i bambini Turchi con le Apps dell'Ipad, Irena e tutti i suoi bambini salvati che giocano ad Angry Birds e Greatbatch che si fa crescere i ricci come Sic.
E tutti si fanno grasse risate di noi che qui sprechiamo il nostro tempo a polemizzare. 


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