domenica 30 settembre 2012

Quel weekend in Canada



 Due macchine, dieci persone, 4 ore. Qualche bagaglio, una sosta per cena al MacDonald's. Un pò di pioggia, una stanchezza devastante. Della musica country alla radio. Chiacchiere sonnecchianti. Scene di panico al confine Canadese per un passaporto scivolato chissà dove. Patatine al gusto bacon, pipì in una diner tipica americana. Stropicciamento di occhi e sbadigli. Strada sbagliata e naso attaccato al finestrino non appena attraversato il ponte di Montréal.
Questa è la descrizione del nostro road trip verso il Canada.
Se penso a quanto ero fottutamente emozionata. Un pò Kerouac, un pò il giro del mondo in ottanta giorni. Un pò beat generation, un pò non-più-adolescente degli anni novanta.


Una highway tutta dritta, una macchina col cambio automatico, alberi, alberi e solo alberi che non ti fanno rimpiangere per nulla la pianura padana, nuvole pannose e tramonti mozzafiato. L'emozione del Road Trip è davvero indescrivibile. Ti senti grande, grossa, indipendente, viva, in un'avventura che racconterai con un sapore un pò bittersweet. Perchè non avrai più ventidue anni e i road trips saranno un dolce ricordo che brucia un pò.
Se penso all'adrenalina, a dieci persone che un mese prima nemmeno si conoscevano, che raggruppano praticamente tutto il mondo in due macchine, mi viene quasi da sorridere piangendo.
Siamo arrivati a Montréal col naso all'insù, persi nelle luci che si specchiavano nel fiume, ubriachi dall'ebbrezza di sentirci grandi.
Montréal è incredibile, è come se qualcuno avesse fatto un collage di particolari, prendendoli un pò a caso dagli Stati Uniti e dall'Europa. Lei si diverte a travestirsi da Parigi, con nomi con Notre Dame o Champ de Mars, gioca all'Europa. Tutti parlano francese, le insegne fanno sorridere e sembra di essere solamente oltralpe e non oltreoceano.

Giri l'angolo e passeggi nel quartiere latino. Alzi gli occhi e ti pare di scorgere i grattacieli di New York. Ci sono chiese gotiche ovunque, sanpietrini e negozi che ricordano molto le viette francesi. Bistrot all'aperto con solari ombrelloni gialli, nel bel mezzo delle vie pedonali. Si respira aria di Europa, di nostalgia, di passato che tende verso il futuro ma rimane saldamente aggrappato alle tradizioni. Una Francia esportata, letteralmente. Che nel trasloco ha perso qualche granello di Europa, rimpiazzato da grattacieli, uffici, grandi marciapiedi e strade trafficate. Ma i parchi, le insegne, i negozi, i cartelli, le ringhiere dei balconi, quelli sono genuinamente europei.








Guardare questi scatti tutti di fila mi fa davvero sorridere e sospirare. Quella città così viva, così Americana nel profondo ma così francese nelle radici. La penultima foto l'abbiamo scattata da un'isoletta nel mezzo del fiume, un pò come se fosse l'Ile Saint Louis nel mezzo della Senna. Eppure lo skyline ti ricorda vagamente Manhattan vista da Brooklyn. E' tutto un sovrapporsi di immagini e colori, di sapori e culture, tutto che sta perfettamente in equilibrio con l'atmosfera calorosa e vibrante.
Abbiamo mangiato in ristoranti, un Irish Pub ma siamo diventati praticamente clienti abituali del Mac dietro l'angolo. Vi dico solo che non voglio più vedere un cheeseburger per molto tempo.
Abbiamo sperimentato il club canadese, dove per metà della serata passa solo rap/house francese, per cui i canadesi vanno pazzi e si dimenano come indemoniati.Abbiamo anche sperimentato il dannato dollaro canadese, rischiando di rimanere senza soldi perchè le nostre carte di credito non andavano bene agli atm.

L'ultimo giorno siamo andati al Parc Olympique. Questa è la vista dalla torre costruita per le Olimpiadi.
E io soffro di vertigini. Vi dico solo questo.



Ho anche sperimentato per la prima volta in 22 anni l'ostello. E vi giuro che dopo quello posso sopravvivere a tutto. Scendo nei dettagli solo in privato, ma il bagno in comune uomini e donne è un'esperienza ai limiti del paranormale. Paranormal activity è una commedia rosa, al confronto.
Ma il bello di questo viaggio è stato anche questo.
Riscoprirmi. Innamorarmi della nuova me.
Vivere della mia forza che ho scoperto solo recentemente di avere.
Sorridermi.
Essere orgogliosa delle mie paranoie lasciate lungo il tragitto.
Smettere di trattarmi come una bambina.
Ammettere le mie debolezze e poi superarle con un bel dito medio.
Voltarmi finalmente indietro e guardare con apprensione a quella che ero, un pò come una mamma col proprio bambino che ha imparato a camminare.

E io, altrochè se cammino.


Nessun commento:

Posta un commento

Quel weekend in Canada



 Due macchine, dieci persone, 4 ore. Qualche bagaglio, una sosta per cena al MacDonald's. Un pò di pioggia, una stanchezza devastante. Della musica country alla radio. Chiacchiere sonnecchianti. Scene di panico al confine Canadese per un passaporto scivolato chissà dove. Patatine al gusto bacon, pipì in una diner tipica americana. Stropicciamento di occhi e sbadigli. Strada sbagliata e naso attaccato al finestrino non appena attraversato il ponte di Montréal.
Questa è la descrizione del nostro road trip verso il Canada.
Se penso a quanto ero fottutamente emozionata. Un pò Kerouac, un pò il giro del mondo in ottanta giorni. Un pò beat generation, un pò non-più-adolescente degli anni novanta.


Una highway tutta dritta, una macchina col cambio automatico, alberi, alberi e solo alberi che non ti fanno rimpiangere per nulla la pianura padana, nuvole pannose e tramonti mozzafiato. L'emozione del Road Trip è davvero indescrivibile. Ti senti grande, grossa, indipendente, viva, in un'avventura che racconterai con un sapore un pò bittersweet. Perchè non avrai più ventidue anni e i road trips saranno un dolce ricordo che brucia un pò.
Se penso all'adrenalina, a dieci persone che un mese prima nemmeno si conoscevano, che raggruppano praticamente tutto il mondo in due macchine, mi viene quasi da sorridere piangendo.
Siamo arrivati a Montréal col naso all'insù, persi nelle luci che si specchiavano nel fiume, ubriachi dall'ebbrezza di sentirci grandi.
Montréal è incredibile, è come se qualcuno avesse fatto un collage di particolari, prendendoli un pò a caso dagli Stati Uniti e dall'Europa. Lei si diverte a travestirsi da Parigi, con nomi con Notre Dame o Champ de Mars, gioca all'Europa. Tutti parlano francese, le insegne fanno sorridere e sembra di essere solamente oltralpe e non oltreoceano.

Giri l'angolo e passeggi nel quartiere latino. Alzi gli occhi e ti pare di scorgere i grattacieli di New York. Ci sono chiese gotiche ovunque, sanpietrini e negozi che ricordano molto le viette francesi. Bistrot all'aperto con solari ombrelloni gialli, nel bel mezzo delle vie pedonali. Si respira aria di Europa, di nostalgia, di passato che tende verso il futuro ma rimane saldamente aggrappato alle tradizioni. Una Francia esportata, letteralmente. Che nel trasloco ha perso qualche granello di Europa, rimpiazzato da grattacieli, uffici, grandi marciapiedi e strade trafficate. Ma i parchi, le insegne, i negozi, i cartelli, le ringhiere dei balconi, quelli sono genuinamente europei.








Guardare questi scatti tutti di fila mi fa davvero sorridere e sospirare. Quella città così viva, così Americana nel profondo ma così francese nelle radici. La penultima foto l'abbiamo scattata da un'isoletta nel mezzo del fiume, un pò come se fosse l'Ile Saint Louis nel mezzo della Senna. Eppure lo skyline ti ricorda vagamente Manhattan vista da Brooklyn. E' tutto un sovrapporsi di immagini e colori, di sapori e culture, tutto che sta perfettamente in equilibrio con l'atmosfera calorosa e vibrante.
Abbiamo mangiato in ristoranti, un Irish Pub ma siamo diventati praticamente clienti abituali del Mac dietro l'angolo. Vi dico solo che non voglio più vedere un cheeseburger per molto tempo.
Abbiamo sperimentato il club canadese, dove per metà della serata passa solo rap/house francese, per cui i canadesi vanno pazzi e si dimenano come indemoniati.Abbiamo anche sperimentato il dannato dollaro canadese, rischiando di rimanere senza soldi perchè le nostre carte di credito non andavano bene agli atm.

L'ultimo giorno siamo andati al Parc Olympique. Questa è la vista dalla torre costruita per le Olimpiadi.
E io soffro di vertigini. Vi dico solo questo.



Ho anche sperimentato per la prima volta in 22 anni l'ostello. E vi giuro che dopo quello posso sopravvivere a tutto. Scendo nei dettagli solo in privato, ma il bagno in comune uomini e donne è un'esperienza ai limiti del paranormale. Paranormal activity è una commedia rosa, al confronto.
Ma il bello di questo viaggio è stato anche questo.
Riscoprirmi. Innamorarmi della nuova me.
Vivere della mia forza che ho scoperto solo recentemente di avere.
Sorridermi.
Essere orgogliosa delle mie paranoie lasciate lungo il tragitto.
Smettere di trattarmi come una bambina.
Ammettere le mie debolezze e poi superarle con un bel dito medio.
Voltarmi finalmente indietro e guardare con apprensione a quella che ero, un pò come una mamma col proprio bambino che ha imparato a camminare.

E io, altrochè se cammino.


Nessun commento:

Posta un commento